Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

venerdì 18 settembre 2020

PER UNA PRESENZA CRISTIANA NEI MASS MEDIA

I SEMINATORI DI SPERANZA

Francesco: “Il professionista cristiano dell'informazione deve essere un portavoce di speranza e di fiducia nel futuro”

Papa Francesco incontra i collaboratori del Settimanale "Tertio", 18 settembre 2020 (foto da vatican.va)

di Antonino Legname

Occorre “far sentire la voce della Chiesa e quella degli intellettuali cristiani in uno scenario mediatico sempre più secolarizzato, al fine di arricchirlo con riflessioni costruttive”, ha detto Papa Francesco durante l'udienza ai collaboratori del Settimanale cristiano belga 'Tertio', ricevuti in Vaticano il 18 settembre 2020, in occasione della celebrazione del ventennale della rivista. I mezzi di comunicazione sociale sono una sfida nella Chiesa e per la Chiesa di oggi. Il Papa ha ricordato che “nella società in cui viviamo, l’informazione fa parte integrante del nostro quotidiano”, ma purtroppo, non è sempre di qualità. Al contrario quando l'informazione è di qualità “ci permette di comprendere meglio i problemi e le sfide che il mondo è chiamato ad affrontare, e ispira i comportamenti individuali, familiari e sociali”. C'è urgente bisogno di formare dei professionisti per assicurare “la presenza di media cristiani specializzati nell’informazione di qualità sulla vita della Chiesa nel mondo, capace di contribuire a una formazione delle coscienze”. Ogni giorno siamo martellati da tante notizie brutte che danno all'opinione pubblica una percezione negativa della realtà in cui viviamo. Coloro che, a tutti i livelli, utilizzano i mezzi di comunicazione sociale devono cercare anzitutto di offrire “una visione positiva delle persone e dei fatti, respingendo i pregiudizi”. Bisogna impegnarsi per “favorire una cultura dell’incontro attraverso la quale è possibile conoscere la realtà con uno sguardo fiducioso”. Abbiamo urgente bisogno di seminatori di fiducia e di speranza! Il giornalista cristiano – ha detto Francesco – deve essere un “portavoce di speranza e di fiducia nel futuro”. Se usati bene e per il bene, gli strumenti della comunicazione sociale contribuiscono a far crescere “nelle comunità cristiane un nuovo stile di vita, libero da ogni forma di preconcetto e di esclusione”. Ancora una volta il Papa stigmatizza le “chiacchiere”, come opera diabolica in quanto “chiudono il cuore alla comunità, chiudono l’unità della Chiesa”. E con forza ribadisce che “il grande chiacchierone è il diavolo, che va sempre dicendo cose brutte degli altri, perché lui è il bugiardo che cerca di disunire la Chiesa, di allontanare i fratelli e non fare comunità”. Non bisogna avere paura di entrare nel mondo dei mass media per annunciare il bene nella verità. “La comunicazione è una missione importante per la Chiesa – ha rimarcato Francesco - I cristiani impegnati in questo ambito sono chiamati a mettere in atto in modo molto concreto l’invito del Signore ad andare nel mondo e proclamare il Vangelo”. Il professionista cristiano dell'informazione ha il dovere di testimoniare la verità e di non manipolarla. Nella giungla delle tante voci e dei tantissimi messaggi che circolano nel mondo digitale c'è urgente bisogno di una “narrazione umana” dei fatti che faccia emergere il bello e il vero che abita in noi e “che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri”. Papa Francesco chiede agli operatori nel campo della comunicazione sociale di essere “seminatori di speranza in un domani migliore”. E oggi, più che mai, in questa situazione di pandemia, abbiamo bisogno di questa presenza fiduciosa di bravi professionisti della comunicazione che sappiano aiutare le persone, specialmente le più fragili, a non ammalarsi di solitudine e di sconforto. La Chiesa guarda con fiducia il lavoro di coloro che operano nel campo della cultura e della comunicazione e li incoraggia a cercare strade, strategie e linguaggi per comunicare il Vangelo agli uomini del nostro tempo.



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