ALCUNI ASPETTI DEL "MUNUS" GIUDIZIARIO NEI TRIBUNALI ECCLESIASTICI PER LE CAUSE DI NULLITA' MATRIMOMIALE
Con gioia prendo parte a
questo Corso di aggiornamento per gli Operatori del Tribunale Ecclesiastico
Siculo. Saluto cordialmente e con affetto tutti i Ministri e gli Operatori del
Tribunale Interdiocesano e dei Tribunali Diocesani della Sicilia. Vi sono molto
grato per la costante e operosa collaborazione che prestate a noi Vescovi
nell’assolvere, con qualificata professionalità e dedizione, al munus giudiziario. Un sentito
ringraziamento ai Relatori per aver accettato con generosa prontezza l’invito a
partecipare a questo Corso di aggiornamento; grazie per il dono della vostra
competenza, esperienza e professionalità.
Oltre al piacere di
incontrarVi con fraterna cordialità, desidero offrirVi alcune essenziali
riflessioni su qualche aspetto della potestà giudiziaria nella Chiesa, che è
anzitutto servizio di carità. È un concetto che già ho espresso all’inizio
dell’attività del Tribunale Interdiocesano Siculo (30 novembre 2017). Mi piace citare
l’esortazione di San Bernardo di Chiaravalle a Papa Eugenio III e ripresa da
Paolo VI nel Discorso alla Sacra Romana Rota del 27 gennaio 1969: “Il tuo cuore
è come una fontana pubblica, dove tutti hanno diritto di bere” [De cons., I, V]; e tale, carissimi, deve
essere anche il Vostro servizio verso tutti coloro che si rivolgono ai nostri
Tribunali per avere giustizia. Il Vostro è un servizio pastorale di verità, di
giustizia, di umano discernimento e di cristiana prudenza. Pertanto, il primo
sentimento, dopo quello della profonda gratitudine a Dio, è di vivo
compiacimento per il Vostro delicato lavoro, portato avanti con diligente
impegno e con retta professionalità.
In questa società post-secolarizzata, è sotto gli occhi
di tutti il mancato ascolto della coscienza morale; la coscienza esiste ancora,
non è vero che non c’è coscienza, forse non si ascolta; ma la coscienza non si
spegne, perché altrimenti si spegnerebbe l’identità stessa della persona. Da
qui si spiega l’atteggiamento superficiale e a volte anche sfrontato nei confronti
del matrimonio cristiano, sacramento dell’amore che lega Cristo alla sua
Chiesa, sua Sposa, fino all’effusione del sangue. La gioia inesauribile del matrimonio,
nell’ottica della fede, dipende molto dalla libera cooperazione dei coniugi con
la grazia di Dio, dalla loro risposta al Suo disegno d’amore. È quanto mai
urgente promuovere e intensificare tutte quelle iniziative di pastorale
familiare, per offrire ai fidanzati e ai giovani sposi la necessaria formazione
umana e spirituale per la pienezza santificante dell’amore e per la stabilità
della famiglia. Le parole di papa Francesco alla Rota Romana, il 22 gennaio
2016, sollecitano l’impegno della Chiesa ad un rinnovato senso di
responsabilità per
continuare «a
proporre il matrimonio, nei suoi elementi essenziali – prole, bene dei coniugi,
unità, indissolubilità, sacramentalità – non come un ideale per pochi,
nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come
una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli
battezzati. E perciò, a maggior ragione, l’urgenza pastorale, che coinvolge
tutte le strutture della Chiesa, spinge a convergere verso un comune intento
ordinato alla preparazione adeguata al matrimonio, in una sorta di nuovo
catecumenato – sottolineo questo: in una sorta di nuovo catecumenato». Purtroppo, assistiamo,
quasi impotenti, al disfacimento di tante famiglie. Tanti matrimoni naufragano,
anche dopo pochi anni di vita coniugale, e a volte dopo pochi mesi. È un dato
di fatto l’aumento dei casi di matrimoni celebrati con superficialità,
immaturità o incapacità ad assumere gli impegni del matrimonio per problemi di
natura psichica o psichiatrica. A tal proposito, è prezioso e in un certo senso
indispensabile, per la trattazione delle cause di nullità di matrimonio che
riguardano le limitazioni previste dal can. 1095, l’aiuto di esperti in tali
discipline umane. Nella tavola rotonda, che si è svolta ieri pomeriggio, so che
avete affrontato con arguzia, approfondito e dibattuto alcuni argomenti
attinenti al tema. I Periti sono chiamati ad intervenire nel processo, secondo la
propria specifica competenza, per offrire al Giudice, al Difensore del Vincolo
e al Patrono delle parti, elementi di valutazione sulla natura e il grado dei
problemi psichici che hanno inficiato il consenso matrimoniale e la capacità
della persona ad assumere gli obblighi del matrimonio. Se i periti, psichiatri
o psicologi, hanno una visione antropologica cristiana, sarà più facile il
dialogo costruttivo con il Giudice ecclesiastico, il quale non si lascerà
suggestionare da quelle argomentazioni che, invece, provengono da prospettive
antropologiche divergenti con la Rivelazione biblica. In ogni caso, la
valutazione ultima sulla nullità o meno del matrimonio spetta unicamente al
Giudice, il quale non si dovrà sentire vincolato da eventuali giudizi espressi
dal Perito. Sono venuto a sapere che oggi, con molta facilità, si invoca il
can. 1095, specialmente i numeri 2 e 3: «sono incapaci a contrarre matrimonio: 2° coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i
doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente; 3° coloro
che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali
del matrimonio». Ritengo che non basti individuare lievi psicopatologie o
piccole deficienze di ordine morale, per avviare un procedimento canonico di
nullità, cercando di provare in tutti i modi, e a volte con forzature
esagerate, la mancanza di discrezione di giudizio o l’incapacità della parte o
delle parti ad assumere gli obblighi essenziali della vita coniugale. Mi sembra
utile evidenziare la distinzione tra «difficoltà» e «incapacità» a prestare il
consenso matrimoniale. È l’«incapacità», a realizzare una vera comunità di vita
e di amore, che rende nullo un matrimonio [Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 5 febbraio
1987].
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Al nostro Foro
ecclesiastico arrivano le richieste più diversificate per la verifica della
nullità del matrimonio e voi, Ministri del Tribunale, - che bello questo
termine “Ministri” con tutto quello che significa e che porta con sé questa parola! - siete
coloro che dovete dirigere ogni vostra fatica ad accertare, con competenza
giuridica e antropologica, la verità sulla validità o meno del matrimonio e a
ristabilire la giustizia, tutelando la coscienza delle persone. Siete chiamati
a svolgere la Vostra funzione con un grande senso di umiltà, con senso del
dovere e della responsabilità, con discrezione e con la necessaria
misericordia, pur nella doverosa applicazione imparziale della legge canonica e
del responsabile discernimento dei casi concreti. Non dovete mai dimenticare
che dietro le carte ci sono le persone che patiscono per il loro matrimonio
naufragato. Permettetemi di dire che, quello che maggiormente deve emergere
nella Vostra missione, è la caritas christiana, che valorizza ancor di
più e rende più proficua l’aequitas dei giudizi. Nella vostra azione di
Ministri del Tribunale non deve mai mancare il tratto pastorale, lo spirito di
carità e di comprensione verso le persone che soffrono per il fallimento della
loro vita coniugale. Per stabilire questo stile pastorale occorre evitare il
giuridicismo, cioè la legge per la legge. La legge e il giudizio sono sempre a
servizio della verità, della giustizia e della virtù evangelica della carità.
Questo significa che il ministero del Giudice ecclesiastico e degli altri
Ministri del Tribunale è essenzialmente pastorale perché finalizzato ad aiutare
i membri del Popolo di Dio, segnati dalla fragilità umana. Non penso di
esagerare nel dire che il Giudice ecclesiastico, nell’ambito della giustizia
della Chiesa, è il buon Pastore che ha il carisma di consolare chi soffre per
il matrimonio fallito, di riconoscere i diritti di chi è stato vittima, oppure
calunniato e ingiustamente umiliato. In altre parole, l’autorità giudiziaria
nella Chiesa è un’autorità di servizio, che consiste nell’esercizio del munus affidato da Cristo alla sua Chiesa
per il bene delle anime, per la salus
animarum, che è la legge suprema della Chiesa.
Vorrei richiamare, inoltre, la Vostra attenzione su
eventuali pericoli che possono inquinare
e insidiare il servizio che svolgete in nome della Chiesa: nella vostra
azione giudiziale mai deve esserci la minima ombra di ingiustizia o di
parzialità. Purtroppo, siamo ben consapevoli che nell’amministrazione della
giustizia a volte si possono verificare delle ingiustizie, che sono assai
nocive alla vita e al buon nome del Tribunale. Per esempio, già durante la
preparazione del processo, quando vengono presentate cause di nullità
matrimoniale alterate nella loro realtà giuridica, con motivazioni infondate,
con prove costruite o inconcludenti, con testimoni subornati, o peggio con
documenti contraffatti o manipolati. Non sarà mai troppa la prudenza, di voi
Giudici e Difensori del Vincolo, specialmente nella delicata fase istruttoria,
per evitare con accortezza ogni forma di ingiustizia e di alterazione della
verità processuale. Bisogna avere il coraggio di ricordare alle Parti in causa
e anche ai Testimoni che non si può ingannare il Giudice divino, mistificando
la verità oggettiva, inerente alla realtà dei fatti. Pertanto, vi esorto ad
evitare due rischi: da una parte il lassismo giuridico, che può illudere le
parti, facendo sostenere spese inutili e provocando danni anche a livello
psicologico e spirituale; e dall’altra, l’eccessivo rigorismo, che può portare
ad una mancanza di fiducia nei confronti dei ricorrenti, col pericolo di
ostacolare il procedimento canonico e di impedire la soluzione di situazioni
dolorose.
So – e di questo Vi ringrazio – che, nonostante i
tanti impegni pastorali e professionali, fate di tutto per portare avanti le
cause che vi vengono affidate; mi permetto, anche in questa circostanza, di
sollecitarvi a concludere tutte le cause pendenti ereditate dal TERS (Tribunale Ecclesiastico Regionale Siculo). Per quanto riguarda le
nuove cause introdotte e già a Voi affidate, mi sembra opportuno spendere
qualche parola sulla «celerità» dei processi, così tanto auspicata dal Motu
proprio Mitis Iudex Dominus Iesus.
Nello studio, nella trattazione e nella definizione delle cause, evitate essenzialmente
questi due pericoli: la «fretta», a discapito del sereno e approfondito esame
della causa, e la «lentezza» eccessiva, che priva le parti interessate di
risposte tempestive e risolutive dei loro problemi. Una giustizia più rapida
non deve mai nuocere alla serenità dell’ordine giuridico che deve guidare e
portare il Giudice ad acquisire la certezza morale. In ogni caso, non si deve
assolutamente contrapporre la dimensione pastorale con la dimensione giuridica.
Ovviamente, è fuorviante pensare che, per essere più pastorale, il diritto
debba essere meno giuridico. Non si deve peccare di legalismo fino al punto da
«chiudere la salvezza delle persone
dentro le strettoie del giuridicismo» - così papa Francesco nel Discorso in
occasione della inaugurazione dell’Anno giudiziario della Rota Romana, il 3
gennaio 2015.
È volontà del Santo Padre che si attui una vera e propria «conversione
pastorale» delle strutture
ecclesiastiche, anche dei Tribunali. Ben venga, pertanto, una certa elasticità
nell’amministrazione del diritto, che lo stesso diritto permette per ragioni
pastorali, ma sempre nel rispetto della legge canonica e delle esigenze della giustizia. Mi sembra di poter
dire serenamente che, quando la giustizia nella Chiesa è animata dalla carità,
è alimentata dalla misericordia ed è addolcita e mitigata dall’equità, è sempre
pastorale. Carità pastorale e giustizia pastorale, dunque, vanno sempre
coniugate insieme.
Una parola vorrei
rivolgere agli Avvocati e ai Procuratori. È sacrosanto il diritto di
difesa delle parti. Sarebbe una grave ingiustizia se fosse negato un tale
diritto! Anche per Voi, però, la coscienza morale deve essere l’orientamento
costante e normativo della vostra attività giudiziaria a servizio delle persone
che a Voi si rivolgono. Il Vostro dovere morale e professionale è anzitutto la
ricerca della verità, senza scherzare con la verità e senza mistificarla con
forzature. Voi, in genere, siete i primi a sentire il racconto delle parti, la
biografia di volti concreti, a incontrare la loro carne ferita, pertanto, prima di ogni altro, Voi potete
consigliare le parti, con chiarezza e onestà, se inoltrare la causa, oppure
sconsigliarla per mancanza del cosiddetto fumus
boni iuris. E nel cercare le prove, nel determinare il capo di nullità e
nel confutare gli argomenti contrari, il vostro unico scopo deve essere
l’accertamento della verità dei fatti, e il trionfo della giustizia. Per
favore, - noi Pastori ascoltiamo molte pecorelle a Noi affidate – per favore, se
vi rendete conto che quella determinata causa, che state esaminando, è
infondata, dovete rifiutare di patrocinarla e di portarla avanti ad ogni costo,
magari costruendo artificiosamente il processo, ricorrendo anche a mezzi sleali
e a volte poco corretti. Paolo VI paragonò il “processo” canonico a un «binario
di scorrimento, il cui asse è precisamente la ricerca della verità oggettiva e
il cui punto terminale è la retta amministrazione della giustizia» [Discorso
alla Rota Romana, 28
gennaio 1978]. Mi sembra un’immagine molto bella ed appropriata per far
comprendere che il diritto nella Chiesa non è puro formalismo, ma è finalizzato
a realizzare il bene supremo della legge della Chiesa, che è la “salvezza delle anime”. Tutti
gli Operatori del Tribunale, sono chiamati – ciascuno secondo la propria
specifica competenza - a camminare dentro questo binario del diritto
processuale canonico per favorire il bene umano e spirituale delle persone che
chiedono giustizia. Benedetto XVI, nel Discorso
alla Rota Romana, il 28 gennaio 2006, ebbe a dire che «il processo canonico di nullità del matrimonio
costituisce essenzialmente uno strumento per accertare la verità sul vincolo
coniugale. Il suo scopo costitutivo non è quindi di complicare inutilmente la
vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere
un servizio alla verità».
Infine, vorrei dedicare
un accenno alla questione della «gratuità» delle procedure nelle cause di
nullità matrimoniale, così tanto auspicata da papa Francesco, «salva la giusta
e dignitosa retribuzione agli operatori dei tribunali». È un tasto molto
delicato e in certi casi dolente, anche perché ci rendiamo conto delle tante
difficoltà economiche a mantenere e a rendere sempre più funzionale ed
efficiente la struttura dei nostri Tribunali. Il Santo Padre ha detto
chiaramente e giustamente che non si devono mescolare gli affari economici con
la verifica della validità di un sacramento,
«e bisogna essere attenti che le procedure non siano entro la cornice degli
affari […]. Quando sono attaccati l’interesse spirituale all’economico, questo
non è di Dio […]. Questo punto è importante: staccare le due cose” [Papa
Francesco, Saluto ai partecipanti al corso “super rato” promosso dal
Tribunale della Rota Romana, 5 novembre 2014].
Sotto questo profilo, già da tempo, i nostri
Tribunali, applicando le norme del Codice di Diritto Canonico, hanno messo a
disposizione, in modo del tutto gratuito, la figura del Patrono Stabile che
offre innanzitutto consulenza e, dove è possibile, il patrocinio totalmente
gratis della causa. A questo si aggiunge l’Istituto del gratuito o
semi-gratuito patrocinio per quanti versano in situazioni economiche disagiate.
Ovviamente, non si può pretendere dagli Avvocati e dai Procuratori, che sono
liberi professionisti e quasi tutti con famiglia a carico, di patrocinare
gratuitamente le cause; sarebbe una palese ingiustizia e un mancato
riconoscimento della loro professionalità. D’altra parte, gli Avvocati a turno
venite chiamati a patrocinare gratuitamente le cause delle persone meno
abbienti e per questo servizio offrite generosamente la vostra opera
professionale, accettando un semplice rimborso per le spese vive. Grazie per
questa Vostra disponibilità! Non facciamoci contagiare dall’avidità e dalla
sclerocardia imperanti. «Sclerocardia»: questa dizione la usa Gesù nei Vangeli
quando gli pongono la questione del divorzio; è per la vostra «sclerocardia»! Quello
che in generale mi permetto raccomandare è la moderazione nella richiesta
dell’onorario; permettetemi di dire: «voi non siete semplici avvocati», Voi
siete «Ministri», servitori; non può prevalere la brama che è tipica dei cuori
induriti e bramosi dei nostri tempi. È già una contraddizione in sé la
percezione dell’avidità del denaro, soprattutto per chi viene già con una
ferita sulla sua carne. A maggior ragione di questi tempi. Dunque, la
moderazione nella richiesta dell’onorario che deve mantenersi concretamente e
non solo formalmente dentro i limiti previsti dalle tabelle approvate dalla
CEI. La richiesta esagerata e immotivata di compenso getta discredito sulla
credibilità della Chiesa – e noi oggi abbiamo tanti motivi di discredito della
Chiesa cattolica, ce ne sono già abbastanza e non ne possiamo aggiungere altri
- infanga il buon nome del Tribunale e alimenta nell’opinione pubblica la
«diceria» che, solo chi ha soldi e paga bene un avvocato, ottiene la nullità
del matrimonio. Non dovete mai perdere di vista – come Vi esortavo nel nostro
primo incontro in occasione dell’inizio dell’attività del T.E.I.S. - che il
Vostro lavoro si collega e si svolge dentro un contesto ecclesiale di servizio
alle persone che soffrono per la fine del loro matrimonio e per questo si
possono trovare in una situazione già di fragilità psicologica.
A conclusione di questo
mio intervento, desidero esortare tutti Voi, Ministri e Operatori dei Tribunali
Ecclesiastici della nostra Isola, a continuare a collaborare, cordialmente e
generosamente, con la potestà
giudiziaria di Noi Vescovi, facendo tesoro di tutte le novità giuridiche e
procedurali apportate dal Motu proprio
di papa Francesco, specialmente di tutte quelle semplificazioni introdotte
nella trattazione delle cause di nullità matrimoniale per rendere tale
esercizio più agevole e più pastorale, senza pregiudicare i criteri di verità e
di giustizia, ai quali un processo deve necessariamente attenersi.
Personalmente, desidero
continuare a seguire con particolare interesse l’opera preziosa e delicata che
svolgete nel nostro Tribunale. Non dubito che continuerete il Vostro servizio
ecclesiale con coscienza, con senso di alta responsabilità e con dedizione, a
difesa della giustizia e per l’applicazione della verità nella carità. La Vostra
è una missione importante nella Chiesa perché, con il Vostro impegno
qualificato, potrete apportare pace e conforto a tante persone che hanno
sofferto per il loro matrimonio fallito. A tutti Voi, carissimi Ministri e
Operatori dei Tribunali Ecclesiastici di Sicilia, e in particolare al carissimo
Mons. Antonino Legname, rinnovo – anche a nome dei miei Confratelli Vescovi -
la mia viva gratitudine e il mio sincero apprezzamento, con l’assicurazione
della mia preghiera; affido quest’intenzione all’intercessione di Maria
Santissima, Speculum iustitiae, e chiedo al Signore che vi accompagni
sempre col suo aiuto. Vi siano di sostegno anche il mio incoraggiamento e la
mia stima. Grazie.