UBI PETRUS

Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL,30,5)

18 maggio 2025

COSTRUIRE L’UNITA’ NELLA DIVERSITA’

 

«TUTTI UNITI IN UN’UNICA FAMIGLIA»

«Questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo!»


di Antonino Legname

«Vengo a voi come un fratello … camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia» - ha detto Papa Leone XIV nell’Omelia della Messa per l’inizio del suo Ministero Petrino, Domenica 18 maggio 2025. In una Piazza San Pietro gremita di fedeli, e in mondovisione, il nuovo Vescovo di Roma, ricordando la sua elezione, dice: «sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia». Il nuovo successore di Pietro è chiamato ad essere «un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi». Papa Leone XIV affida il suo ministero petrino, di essere segno visibile di unità, «all’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia». Ovviamente, per fare agire lo Spirito Santo occorre evitare due rischi: da una parte la chiusura nei particolarismi e negli esclusivismi di gruppo, che portano alla divisione; e dall’altra parte, la pretesa di costruire l’unità secondo progetti e calcoli umani, con il rischio dell’uniformità e dell’omologazione. Non dobbiamo «chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo - ha detto Papa Leone - siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo». Papa Francesco, in uno dei suoi Discorsi, aveva detto che «la Chiesa non è mai uniformità, ma diversità che si armonizzano nell’unità e questo vale in ogni realtà ecclesiale». Non c’è dubbio che senza la presenza e l’opera dello Spirito Santo ci sarebbe una grande Babele anche nella Chiesa cattolica. Anche se con parole diverse, Papa Leone XIV ha ribadito quanto insegnato dai suoi due ultimi predecessori, e cioè che la Chiesa nella sua spinta missionaria non si impone con il proselitismo ma cresce per attrazione grazie alla testimonianza coerente e alla gioia di coloro che hanno incontrato e sperimentato l’amore di Gesù nella loro vita. Dice Papa Leone: «Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù». Il Vescovo di Roma ci ricorda che «in questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri». Cosa fare? Come Chiesa siamo chiamati «a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità». Le radici della spiritualità agostiniana sono evidenti nell’omelia di Papa Leone, soprattutto quando parla di “inquietudine” in riferimento al cuore che si agita fino a quando non trova il suo riposo e la sua pace in Dio. E come Pastore della Chiesa universale, il Pontefice esorta tutti gli uomini di buona volontà ad ascoltare la proposta d’amore del Signore «per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace». Ecco ben tracciato in sintesi il programma pastorale di Papa Leone XIV, che vogliamo affidare alla protezione di Maria, Madre del Buon Consiglio.  


10 maggio 2025

Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Robertum Franciscum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Prevost qui sibi nomen imposuit LEONEM XIV

 BENEDIZIONE APOSTOLICA "URBI ET ORBI"

PRIMO SALUTO DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Loggia centrale della Basilica di San Pietro
Giovedì, 8 maggio 2025




 «La pace sia con tutti voi!... Vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra... Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà! Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti». 






6 maggio 2025

ASPETTANDO IL NUOVO PAPA (PARTE IV)


IL PAPA NON È UN “SUPERUOMO”

LA FORZA DELLA CHIESA È L'AMORE



di Antonino Legname

Il Papa non è un "superuomo", ma deve essere "super nell'amore" verso Dio e verso gli uomini. La forza della Chiesa è l'amore che lo Spirito Santo ha riversato nei nostri cuori! Noi crediamo la Chiesa Santa! Ma ogni cristiano potrebbe dire: «la Chiesa è santa anche se ci siamo dentro tutti noi che siamo peccatori». Ricordo che in una delle prime interviste a Papa Francesco, il 19 agosto 2013, quando gli fu chiesto Chi è Jorge Mario Bergoglio? Il Papa rispose: «Non so quale possa essere la definizione più giusta […] Io sono un peccatore. Questa è la definizione più giusta. E non è un modo di dire, un genere letterario […] Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato». È vero che tutti siamo peccatori, ma viviamo dentro una Chiesa Santa perché Cristo la santifica ogni giorno con i Sacramenti, soprattutto con il suo Sacrificio Eucaristico. Pertanto, la grandezza della Chiesa è nel riconoscere la sua umana piccolezza. La Chiesa è forza nella debolezza, un misto di fallimenti umani e di misericordia divina. La Chiesa è pura e santa in quanto Sposa di Cristo ed è peccatrice nei suoi figli; riconoscere i peccati dei suoi figli non significa sconfessare la santità e la purezza della madre, perché la santità della Madre Chiesa è più forte dei peccati dei suoi figli. Purtroppo, la nostra società è ancora dominata dal mito del “superuomo” e dalla “volontà di potenza” di nietzschiana memoria. Basta vedere i comportamenti, il linguaggio e gli atteggiamenti di certi uomini di governo nel panorama mondiale. Nel nostro mondo malato di potere ci sono coloro che si credono “onnipotenti” e non sarebbero dispiaciuti di poter prendere il posto di Dio. Al contrario, San Paolo diceva: “mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo […] Infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12, 9-10). Neppure Pietro era un “superuomo” e, nonostante il suo triplice rinnegamento, Gesù gli affidò le Chiavi del Regno. Perché? “E allora Pietro, uscito fuori, pianse amaramente” (Lc 22,62). Quello di Pietro è il pianto dell’uomo che riconosce la propria colpa e si pente. Gesù accolse il sincero pentimento di Pietro e cancellò quel grave peccato lavato nelle lacrime. Il nuovo Papa non sarà un “superuomo”, non sarà uno che non ha sbagliato mai o non sbaglierà mai; ma sarà un uomo, preso tra gli uomini, al quale il Signore ha chiesto un "di più" di amore: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Il nuovo Papa dovrà essere anzitutto un uomo dal cuore grande, esperto nelle cose divine e nelle cose umane; un uomo capace di abbracciare tutti con tenerezza e misericordia. Quale grande responsabilità! I Pastori della Chiesa, specialmente coloro che sono chiamati a compiti e ad uffici assai gravosi, dovrebbero avere la stessa trepidazione e preoccupazione di Sant’Agostino, che pianse durante la sua ordinazione sacerdotale per le difficoltà e i pericoli che vedeva in tale ufficio! Agostino era assillato dalla consapevolezza del grande peso che gli era stato caricato e avvertiva il senso della sua inadeguatezza di fronte ad una missione così alta. Dovremmo evitare di vedere la Chiesa in senso “puritano”, come se fosse una Chiesa fatta di santi. Non bisogna offrire al mondo un’immagine distorta e falsata di Chiesa “pura” nei suoi membri, perché un eccesso di false aspettative condurrebbe inevitabilmente ad un eccesso di forti delusioni. L’allora cardinale Ratzinger scrisse che «nella Chiesa l’atmosfera diventa angusta e soffocante, se i portatori del ministero dimenticano che il sacramento non è una spartizione di potere, ma è invece espropriazione di me stesso in favore di Colui, nella persona del quale io devo parlare e agire». E papa Albino Luciani, Giovanni Paolo I, metteva in guardia dal pericolo dell’ambizione perché può degenerare in grave malattia quando «per andare avanti, calpestiamo gli altri a colpi di ingiustizie e di denigrazioni». Purtroppo, quando diminuisce la fede nell’aldilà, aumenta l’interesse per l'aldiquà, per gli affari di questo mondo. Come insegna Sant’Agostino “tutta la storia dell’uomo è una lotta tra due amori: l’amore di sé stesso spinto fino al disprezzo di Dio e l’amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé”. A proposito della superbia e dell'ambizione che, come virus, attaccano anche la vita degli ecclesiastici, papa Giovanni Paolo I ebbe a confidare: «la verità è che cento volte ho fatto i funerali alla mia superbia, illudendomi di averla messa due metri sottoterra, con tanto di requiescat, e cento volte l’ho vista tornare su, più vispa di prima: ho sentito che le critiche mi spiacevano ancora, che le lodi, viceversa, mi piacevano, che mi preoccupava il giudizio degli altri su di me». Anche papa Francesco considerava la superbia un peccato ripugnante: «credersi chissà chi. Quando mi è capitato di essere io a credermi chissà chi ho provato una grande vergogna interiore e ho chiesto perdono a Dio» e ricordava il consiglio di suo padre: «saluta la gente mentre sali perché la incontrerai di nuovo quando scendi. Non essere presuntuoso».

4 maggio 2025

ASPETTANDO IL NUOVO PAPA (PARTE III)

UNA CHIESA SEMPRE GIOVANE
PER VIVERE LA BELLEZZA E LA GIOIA DEL VANGELO

TUTTI CHIAMATI A PARTECIPARE SPIRITUALMENTE AL CONCLAVE



di Antonino Legname

Il 7 maggio 2025 inizia il Conclave per eleggere il 267° Papa della Chiesa cattolica. È un evento ecclesiale di grande spiritualità e di grande portata storica. Tutto il popolo di Dio è chiamato ad entrare spiritualmente nella Cappella Sistina, invocando lo Spirito Santo, affinché conceda alla Chiesa un Papa che sia Pastore secondo il cuore di Dio. Non dimentichiamo che lo Spirito Santo è Colui che armonizza la diversità, la pluralità, la molteplicità dei carismi e dei doni che ci sono nella Chiesa; Egli è il motore che spinge la Chiesa all'unità. La Chiesa deve essere "Casa dell'armonia"; così come in una sinfonia si accordano e si armonizzano diversi strumenti musicali che suonano insieme armoniosamente, grazie alla bravura del direttore d'orchestra, così anche nella Chiesa, è lo Spirito Santo che dirige e armonizza la varietà dei carismi. L'uniformità uccide la vita della Chiesa perché paralizza la varietà dei doni dello Spirito. L'uniformità va di pari passo con la rigidità: ma grazie a Dio - diceva papa Francesco - non siamo tutti uguali, "altrimenti sarebbe un inferno!". La discussione, la dialettica intra ecclesiale c'è sempre stata nella Chiesa e tutti devono sentirsi liberi di esprimere il loro pensiero. Ma nella Chiesa non si può ragionare in termini di maggioranza e di minoranza e non si possono applicare ad essa i criteri presi in prestito dalla politica o dalle democrazie moderne. Senza nostalgie e “indietrismi” - come li chiamava papa Francesco - la Chiesa va avanti e avanza, anche se lentamente, sulle strade della storia verso il futuro escatologico. Come ben sappiamo i tempi bimillenari della Chiesa sono lenti, festina lente (“affrettati lentamente”) – recita un antico adagio latino. Ma indietro non si torna! Si può essere fedeli alla Tradizione della Chiesa senza per questo essere tradizionalisti, cioè senza essere attaccati a certe forme esterne anacronistiche e obsolete. Nello stesso tempo, a chi guarda avanti è bene ricordare che occorre considerare con fiducia l'immenso e ricco bagaglio di esperienza di fede che ci viene tramandato dalla lunga storia della Chiesa. Benedetto XVI ebbe a dire: «La fede si evolve. Ogni generazione riscopre nuove dimensioni, suggerite dal contesto esistenziale in cui si trova a vivere e fino a quel momento rimaste ignote anche alla Chiesa». Fino a quando la Chiesa è in cammino sulle strade della storia ha sempre bisogno di adattare le sue strutture ai tempi e di “purificarsi” nei suoi membri. Ovviamente, come ha ricordato Papa Francesco, «la Chiesa non deve essere ideologizzata». In merito all’evoluzione e all’aggiornamento della Chiesa occorre evitare i due estremismi contrapposti: da una parte l’apertura indiscriminata e arbitraria a tutte le novità del mondo moderno, dall’altra la chiusura e l’immobilismo che mortificano e frenano la dimensione profetica della Chiesa. Occorre saper leggere i "segni dei tempi" per poter fare una saggia sintesi tra questi due atteggiamenti antitetici: bisogna imparare a “sentire con la Chiesa” per conciliare “novità e continuità con la tradizione”, tra “coraggio profetico e fedeltà alla istituzione ecclesiastica” e per non cadere nell’arbitrio pericoloso di volere una Chiesa a propria immagine e somiglianza. Ci vuole equilibrio tra coloro che vogliono frenare il cammino delle riforme nella Chiesa e coloro che vogliono accelerare le riforme fino al punto da voler adattare la Chiesa agli schemi sociali, culturali e politici del mondo moderno, tanto da rendere il cristianesimo annacquato e appannaggio sentimentale e filantropico dell’umanesimo contemporaneo. È un bene spingere la Chiesa a prendere il largo, lontana dai particolarismi e dalle beghe interne dei diversi schieramenti ideologizzati. Da che Chiesa è Chiesa non sono mancate le posizioni a favore o contro alcune scelte ecclesiali e pastorali dei Papi. Per esempio: Paolo VI per certe scelte fu combattuto da destra e da sinistra; considerato da alcuni un conservatore che ha impedito una piena riforma nella Chiesa; combattuto da altri come se fosse un rivoluzionario che ha alterato il volto secolare della Sposa di Cristo. In realtà Paolo VI è stato semplicemente lo strumento di Dio per realizzare il programma che Papa Giovanni XXIII aveva affidato al Concilio Vaticano II, che si riassume nella necessità di sapere leggere i "segni dei tempi" per annunciare la bellezza e la gioia del Vangelo in maniera aggiornata, in un mondo che cambia velocemente. Mi piace citare anche Giovanni Paolo I, il quale prima di diventare Papa, nel suo libro “Illustrissimi” faceva questa interessante riflessione: «È in atto nella Chiesa un rinnovamento interno e un dialogo con le forze esterne. Si incontrano però delle difficoltà […]. Da destra si grida all’empietà e al sacrilegio ogni volta che si abbandona un rito vecchio per uno nuovo. Ci sono cristiani e teologi ancora oggi convinti che il Concilio Ecumenico Vaticano II abbia rovinato la Chiesa e pensano di essere i nuovi difensori della verità, chiamati dal Signore per riportare la Chiesa sulla via della verità preconciliare. A sinistra, viceversa, si attua indiscriminatamente la novità per la novità, si smantella allegramente tutto l’edificio passato, si mandano in soffitta quadri e statue, si vede idolatria e superstizione dappertutto, si arriva a dire che, per salvare la dignità di Dio, occorre parlare di Dio in termini sceltissimi o tacere addirittura». Anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno avuto incomprensioni e anche forti opposizioni durante il loro pontificato. Ricordiamoci che a Pietro e ai suoi Successori, Gesù di Nazaret ha consegnato le chiavi del Regno, “traditio clavium”. Gli Apostoli (i Vescovi) insieme a Pietro (il Papa) e tutta la Chiesa (cioè tutto il popolo dei battezzati) custodiscono il “deposito della fede” - ciascuno con il proprio carisma - contenuto nella Sacra Scrittura, nella Sacra Tradizione e nel Magistero della Chiesa. Pertanto, tutti i battezzati abbiamo la grande responsabilità di non disperdere questo “patrimonio di verità” che ci è stato trasmesso e di renderlo accessibile e appetibile all’uomo d’oggi, anche con i mezzi moderni della tecnologia, con gli strumenti della comunicazione sociale che Paolo VI non esitò a chiamare il “pulpito moderno”. Affidiamo il Conclave alla protezione di Maria, Madre della Chiesa e Salus Populi Romani.

Icona della "Salus Populi Romani" nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma

2 maggio 2025

ASPETTANDO IL NUOVO PAPA (PARTE II)

"PONTEFICE" 

PER COSTRUIRE PONTI DI DIALOGO



di Antonino Legname

La Chiesa non è una bottega di principi dottrinali o una stazione di servizi in cui ciascuno sceglie quello che più gli piace, con la pretesa di imporre agli altri gli stessi gusti. La Chiesa, da una parte non può essere staccata dalla sua visibilità storica, dall'altra non può essere identificata con la sua manifestazione storica ed empirica. Sant'Agostino sosteneva che può succedere che coloro che empiricamente sono dentro la Chiesa potrebbero essere spiritualmente fuori di essa, e viceversa. La vera riforma nella Chiesa, pertanto, non consiste nel rimodellare o inventare una nuova Chiesa, secondo i nostri personali desideri o le sensibilità teologiche e sociologiche dei Pastori. È vero che “ecclesia semper reformanda” «la Chiesa sempre si deve riformare», ma senza tradire la sua vera natura e senza svendere la sua Dottrina al miglior offerente. In questo particolare momento storico ed ecclesiale, alcune domande sono d’obbligo: Cosa deve cambiare nella Chiesa d'oggi? Cosa deve fare la Chiesa per riacquistare fiducia e credibilità nel nostro mondo secolarizzato e per avvicinare i lontani, senza trascurare i vicini, per raggiungere i giovani e tutti coloro che sono alla ricerca di Dio? Cosa deve fare la Chiesa per adattare ai tempi moderni le sue strutture, i suoi uffici ecclesiastici e i suoi linguaggi? A domande più o meno come queste Benedetto XVI aveva risposto con un aneddoto: quando una volta fu chiesto a Madre Teresa di Calcutta quale fosse per lei la prima cosa da cambiare nella Chiesa, la sua risposta fu “Lei ed io!”. Lo stesso aneddoto lo raccontò Papa Francesco ai giovani in occasione della 28.ma GMG di Rio de Janeiro: “anche io oggi rubo la parola a Madre Teresa e ti dico: Iniziamo? Da dove? Da te e da me!”. Il cambiamento nella Chiesa deve coinvolgere alla radice ogni battezzato e ogni comunità di credenti. Non si tratta di un rinnovamento di facciata, come voler ristrutturare una casa o tinteggiare le pareti di uno stabile; il nuovo Papa - sulla scia dei suoi Predecessori - dovrà riprendere con determinazione e coraggio la rotta segnata dal Concilio Vaticano II, che spinge la Chiesa sulla strada della missione verso tutte le periferie geografiche ed esistenziali. Ma non dimentichiamo che la vera e profonda riforma della Chiesa deve essere anzitutto un “rinnovamento spirituale interiore”. E allora, quale Pontefice ci aspettiamo per la Chiesa del nostro tempo? Nel suo primo incontro con il Corpo Diplomatico, accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco ricordava che il titolo di «Pontefice», con cui viene chiamato il Vescovo di Roma, è da intendersi come “colui che costruisce ponti con Dio e tra gli uomini” ed esortava a costruire ponti tra tutti gli uomini attraverso il dialogo, in modo tale da vedere negli altri non dei nemici da combattere, non dei concorrenti da vincere, ma dei fratelli da accogliere e abbracciare. Il dialogo deve essere chiaro, ma mite e rispettoso, altrimenti diventa inefficace e pericoloso e porta ai conflitti e alle guerre. Questo dialogo aperto e sincero deve esserci non solo ad extra, cioè con coloro che sono lontani dalla Chiesa, ma anche ad intra, cioè dentro la stessa Chiesa, con le tante sensibilità teologiche, liturgiche, sociologiche, ecc., che convivono dentro la Chiesa. Papa Francesco sosteneva: «Oggi, o si scommette sul dialogo, o si scommette sulla cultura dell’incontro, o tutti perdiamo!». Ovviamente il dialogo, per esempio quello interreligioso, non deve portare al sincretismo o al relativismo, per cui non c’è "verità" e non ci sono certezze, perché questo modo di pensare porterebbe inevitabilmente ad una “fede debole”, in analogia con il “pensiero debole” e con il "pensiero unico" della post modernità che hanno scardinato molte certezze e tanti punti fermi di riferimento. La conseguenza disastrosa del relativismo culturale ed ecclesiale è la confusione e lo smarrimento dentro una foresta di mezze o false verità a livello mediatico, politico, culturale, religioso e in certi casi anche scientifico. "La verità - ha detto Papa Francesco - non si afferra come una cosa, ma si incontra. Non è un possesso, è l'incontro con una Persona", Gesù di Nazareth. E' Lui la Verità; è Lui la porta sempre aperta a tutti, senza distinzioni, senza esclusioni, senza privilegi.



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