UBI PETRUS

Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL,30,5)

18 maggio 2025

COSTRUIRE L’UNITA’ NELLA DIVERSITA’

 

«TUTTI UNITI IN UN’UNICA FAMIGLIA»

«Questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo!»


di Antonino Legname

«Vengo a voi come un fratello … camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia» - ha detto Papa Leone XIV nell’Omelia della Messa per l’inizio del suo Ministero Petrino, Domenica 18 maggio 2025. In una Piazza San Pietro gremita di fedeli, e in mondovisione, il nuovo Vescovo di Roma, ricordando la sua elezione, dice: «sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia». Il nuovo successore di Pietro è chiamato ad essere «un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi». Papa Leone XIV affida il suo ministero petrino, di essere segno visibile di unità, «all’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia». Ovviamente, per fare agire lo Spirito Santo occorre evitare due rischi: da una parte la chiusura nei particolarismi e negli esclusivismi di gruppo, che portano alla divisione; e dall’altra parte, la pretesa di costruire l’unità secondo progetti e calcoli umani, con il rischio dell’uniformità e dell’omologazione. Non dobbiamo «chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo - ha detto Papa Leone - siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo». Papa Francesco, in uno dei suoi Discorsi, aveva detto che «la Chiesa non è mai uniformità, ma diversità che si armonizzano nell’unità e questo vale in ogni realtà ecclesiale». Non c’è dubbio che senza la presenza e l’opera dello Spirito Santo ci sarebbe una grande Babele anche nella Chiesa cattolica. Anche se con parole diverse, Papa Leone XIV ha ribadito quanto insegnato dai suoi due ultimi predecessori, e cioè che la Chiesa nella sua spinta missionaria non si impone con il proselitismo ma cresce per attrazione grazie alla testimonianza coerente e alla gioia di coloro che hanno incontrato e sperimentato l’amore di Gesù nella loro vita. Dice Papa Leone: «Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù». Il Vescovo di Roma ci ricorda che «in questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri». Cosa fare? Come Chiesa siamo chiamati «a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità». Le radici della spiritualità agostiniana sono evidenti nell’omelia di Papa Leone, soprattutto quando parla di “inquietudine” in riferimento al cuore che si agita fino a quando non trova il suo riposo e la sua pace in Dio. E come Pastore della Chiesa universale, il Pontefice esorta tutti gli uomini di buona volontà ad ascoltare la proposta d’amore del Signore «per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo noi siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace». Ecco ben tracciato in sintesi il programma pastorale di Papa Leone XIV, che vogliamo affidare alla protezione di Maria, Madre del Buon Consiglio.  


10 maggio 2025

Annuntio vobis gaudium magnum; habemus Papam: Eminentissimum ac Reverendissimum Dominum, Dominum Robertum Franciscum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalem Prevost qui sibi nomen imposuit LEONEM XIV

 BENEDIZIONE APOSTOLICA "URBI ET ORBI"

PRIMO SALUTO DEL SANTO PADRE LEONE XIV

Loggia centrale della Basilica di San Pietro
Giovedì, 8 maggio 2025




 «La pace sia con tutti voi!... Vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, a tutte le persone, ovunque siano, a tutti i popoli, a tutta la terra... Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà! Siamo tutti nelle mani di Dio. Pertanto, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti». 






6 maggio 2025

ASPETTANDO IL NUOVO PAPA (PARTE IV)


IL PAPA NON È UN “SUPERUOMO”

LA FORZA DELLA CHIESA È L'AMORE



di Antonino Legname

Il Papa non è un "superuomo", ma deve essere "super nell'amore" verso Dio e verso gli uomini. La forza della Chiesa è l'amore che lo Spirito Santo ha riversato nei nostri cuori! Noi crediamo la Chiesa Santa! Ma ogni cristiano potrebbe dire: «la Chiesa è santa anche se ci siamo dentro tutti noi che siamo peccatori». Ricordo che in una delle prime interviste a Papa Francesco, il 19 agosto 2013, quando gli fu chiesto Chi è Jorge Mario Bergoglio? Il Papa rispose: «Non so quale possa essere la definizione più giusta […] Io sono un peccatore. Questa è la definizione più giusta. E non è un modo di dire, un genere letterario […] Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato». È vero che tutti siamo peccatori, ma viviamo dentro una Chiesa Santa perché Cristo la santifica ogni giorno con i Sacramenti, soprattutto con il suo Sacrificio Eucaristico. Pertanto, la grandezza della Chiesa è nel riconoscere la sua umana piccolezza. La Chiesa è forza nella debolezza, un misto di fallimenti umani e di misericordia divina. La Chiesa è pura e santa in quanto Sposa di Cristo ed è peccatrice nei suoi figli; riconoscere i peccati dei suoi figli non significa sconfessare la santità e la purezza della madre, perché la santità della Madre Chiesa è più forte dei peccati dei suoi figli. Purtroppo, la nostra società è ancora dominata dal mito del “superuomo” e dalla “volontà di potenza” di nietzschiana memoria. Basta vedere i comportamenti, il linguaggio e gli atteggiamenti di certi uomini di governo nel panorama mondiale. Nel nostro mondo malato di potere ci sono coloro che si credono “onnipotenti” e non sarebbero dispiaciuti di poter prendere il posto di Dio. Al contrario, San Paolo diceva: “mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo […] Infatti quando sono debole, è allora che sono forte” (2 Cor 12, 9-10). Neppure Pietro era un “superuomo” e, nonostante il suo triplice rinnegamento, Gesù gli affidò le Chiavi del Regno. Perché? “E allora Pietro, uscito fuori, pianse amaramente” (Lc 22,62). Quello di Pietro è il pianto dell’uomo che riconosce la propria colpa e si pente. Gesù accolse il sincero pentimento di Pietro e cancellò quel grave peccato lavato nelle lacrime. Il nuovo Papa non sarà un “superuomo”, non sarà uno che non ha sbagliato mai o non sbaglierà mai; ma sarà un uomo, preso tra gli uomini, al quale il Signore ha chiesto un "di più" di amore: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?”. Il nuovo Papa dovrà essere anzitutto un uomo dal cuore grande, esperto nelle cose divine e nelle cose umane; un uomo capace di abbracciare tutti con tenerezza e misericordia. Quale grande responsabilità! I Pastori della Chiesa, specialmente coloro che sono chiamati a compiti e ad uffici assai gravosi, dovrebbero avere la stessa trepidazione e preoccupazione di Sant’Agostino, che pianse durante la sua ordinazione sacerdotale per le difficoltà e i pericoli che vedeva in tale ufficio! Agostino era assillato dalla consapevolezza del grande peso che gli era stato caricato e avvertiva il senso della sua inadeguatezza di fronte ad una missione così alta. Dovremmo evitare di vedere la Chiesa in senso “puritano”, come se fosse una Chiesa fatta di santi. Non bisogna offrire al mondo un’immagine distorta e falsata di Chiesa “pura” nei suoi membri, perché un eccesso di false aspettative condurrebbe inevitabilmente ad un eccesso di forti delusioni. L’allora cardinale Ratzinger scrisse che «nella Chiesa l’atmosfera diventa angusta e soffocante, se i portatori del ministero dimenticano che il sacramento non è una spartizione di potere, ma è invece espropriazione di me stesso in favore di Colui, nella persona del quale io devo parlare e agire». E papa Albino Luciani, Giovanni Paolo I, metteva in guardia dal pericolo dell’ambizione perché può degenerare in grave malattia quando «per andare avanti, calpestiamo gli altri a colpi di ingiustizie e di denigrazioni». Purtroppo, quando diminuisce la fede nell’aldilà, aumenta l’interesse per l'aldiquà, per gli affari di questo mondo. Come insegna Sant’Agostino “tutta la storia dell’uomo è una lotta tra due amori: l’amore di sé stesso spinto fino al disprezzo di Dio e l’amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé”. A proposito della superbia e dell'ambizione che, come virus, attaccano anche la vita degli ecclesiastici, papa Giovanni Paolo I ebbe a confidare: «la verità è che cento volte ho fatto i funerali alla mia superbia, illudendomi di averla messa due metri sottoterra, con tanto di requiescat, e cento volte l’ho vista tornare su, più vispa di prima: ho sentito che le critiche mi spiacevano ancora, che le lodi, viceversa, mi piacevano, che mi preoccupava il giudizio degli altri su di me». Anche papa Francesco considerava la superbia un peccato ripugnante: «credersi chissà chi. Quando mi è capitato di essere io a credermi chissà chi ho provato una grande vergogna interiore e ho chiesto perdono a Dio» e ricordava il consiglio di suo padre: «saluta la gente mentre sali perché la incontrerai di nuovo quando scendi. Non essere presuntuoso».

4 maggio 2025

ASPETTANDO IL NUOVO PAPA (PARTE III)

UNA CHIESA SEMPRE GIOVANE
PER VIVERE LA BELLEZZA E LA GIOIA DEL VANGELO

TUTTI CHIAMATI A PARTECIPARE SPIRITUALMENTE AL CONCLAVE



di Antonino Legname

Il 7 maggio 2025 inizia il Conclave per eleggere il 267° Papa della Chiesa cattolica. È un evento ecclesiale di grande spiritualità e di grande portata storica. Tutto il popolo di Dio è chiamato ad entrare spiritualmente nella Cappella Sistina, invocando lo Spirito Santo, affinché conceda alla Chiesa un Papa che sia Pastore secondo il cuore di Dio. Non dimentichiamo che lo Spirito Santo è Colui che armonizza la diversità, la pluralità, la molteplicità dei carismi e dei doni che ci sono nella Chiesa; Egli è il motore che spinge la Chiesa all'unità. La Chiesa deve essere "Casa dell'armonia"; così come in una sinfonia si accordano e si armonizzano diversi strumenti musicali che suonano insieme armoniosamente, grazie alla bravura del direttore d'orchestra, così anche nella Chiesa, è lo Spirito Santo che dirige e armonizza la varietà dei carismi. L'uniformità uccide la vita della Chiesa perché paralizza la varietà dei doni dello Spirito. L'uniformità va di pari passo con la rigidità: ma grazie a Dio - diceva papa Francesco - non siamo tutti uguali, "altrimenti sarebbe un inferno!". La discussione, la dialettica intra ecclesiale c'è sempre stata nella Chiesa e tutti devono sentirsi liberi di esprimere il loro pensiero. Ma nella Chiesa non si può ragionare in termini di maggioranza e di minoranza e non si possono applicare ad essa i criteri presi in prestito dalla politica o dalle democrazie moderne. Senza nostalgie e “indietrismi” - come li chiamava papa Francesco - la Chiesa va avanti e avanza, anche se lentamente, sulle strade della storia verso il futuro escatologico. Come ben sappiamo i tempi bimillenari della Chiesa sono lenti, festina lente (“affrettati lentamente”) – recita un antico adagio latino. Ma indietro non si torna! Si può essere fedeli alla Tradizione della Chiesa senza per questo essere tradizionalisti, cioè senza essere attaccati a certe forme esterne anacronistiche e obsolete. Nello stesso tempo, a chi guarda avanti è bene ricordare che occorre considerare con fiducia l'immenso e ricco bagaglio di esperienza di fede che ci viene tramandato dalla lunga storia della Chiesa. Benedetto XVI ebbe a dire: «La fede si evolve. Ogni generazione riscopre nuove dimensioni, suggerite dal contesto esistenziale in cui si trova a vivere e fino a quel momento rimaste ignote anche alla Chiesa». Fino a quando la Chiesa è in cammino sulle strade della storia ha sempre bisogno di adattare le sue strutture ai tempi e di “purificarsi” nei suoi membri. Ovviamente, come ha ricordato Papa Francesco, «la Chiesa non deve essere ideologizzata». In merito all’evoluzione e all’aggiornamento della Chiesa occorre evitare i due estremismi contrapposti: da una parte l’apertura indiscriminata e arbitraria a tutte le novità del mondo moderno, dall’altra la chiusura e l’immobilismo che mortificano e frenano la dimensione profetica della Chiesa. Occorre saper leggere i "segni dei tempi" per poter fare una saggia sintesi tra questi due atteggiamenti antitetici: bisogna imparare a “sentire con la Chiesa” per conciliare “novità e continuità con la tradizione”, tra “coraggio profetico e fedeltà alla istituzione ecclesiastica” e per non cadere nell’arbitrio pericoloso di volere una Chiesa a propria immagine e somiglianza. Ci vuole equilibrio tra coloro che vogliono frenare il cammino delle riforme nella Chiesa e coloro che vogliono accelerare le riforme fino al punto da voler adattare la Chiesa agli schemi sociali, culturali e politici del mondo moderno, tanto da rendere il cristianesimo annacquato e appannaggio sentimentale e filantropico dell’umanesimo contemporaneo. È un bene spingere la Chiesa a prendere il largo, lontana dai particolarismi e dalle beghe interne dei diversi schieramenti ideologizzati. Da che Chiesa è Chiesa non sono mancate le posizioni a favore o contro alcune scelte ecclesiali e pastorali dei Papi. Per esempio: Paolo VI per certe scelte fu combattuto da destra e da sinistra; considerato da alcuni un conservatore che ha impedito una piena riforma nella Chiesa; combattuto da altri come se fosse un rivoluzionario che ha alterato il volto secolare della Sposa di Cristo. In realtà Paolo VI è stato semplicemente lo strumento di Dio per realizzare il programma che Papa Giovanni XXIII aveva affidato al Concilio Vaticano II, che si riassume nella necessità di sapere leggere i "segni dei tempi" per annunciare la bellezza e la gioia del Vangelo in maniera aggiornata, in un mondo che cambia velocemente. Mi piace citare anche Giovanni Paolo I, il quale prima di diventare Papa, nel suo libro “Illustrissimi” faceva questa interessante riflessione: «È in atto nella Chiesa un rinnovamento interno e un dialogo con le forze esterne. Si incontrano però delle difficoltà […]. Da destra si grida all’empietà e al sacrilegio ogni volta che si abbandona un rito vecchio per uno nuovo. Ci sono cristiani e teologi ancora oggi convinti che il Concilio Ecumenico Vaticano II abbia rovinato la Chiesa e pensano di essere i nuovi difensori della verità, chiamati dal Signore per riportare la Chiesa sulla via della verità preconciliare. A sinistra, viceversa, si attua indiscriminatamente la novità per la novità, si smantella allegramente tutto l’edificio passato, si mandano in soffitta quadri e statue, si vede idolatria e superstizione dappertutto, si arriva a dire che, per salvare la dignità di Dio, occorre parlare di Dio in termini sceltissimi o tacere addirittura». Anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno avuto incomprensioni e anche forti opposizioni durante il loro pontificato. Ricordiamoci che a Pietro e ai suoi Successori, Gesù di Nazaret ha consegnato le chiavi del Regno, “traditio clavium”. Gli Apostoli (i Vescovi) insieme a Pietro (il Papa) e tutta la Chiesa (cioè tutto il popolo dei battezzati) custodiscono il “deposito della fede” - ciascuno con il proprio carisma - contenuto nella Sacra Scrittura, nella Sacra Tradizione e nel Magistero della Chiesa. Pertanto, tutti i battezzati abbiamo la grande responsabilità di non disperdere questo “patrimonio di verità” che ci è stato trasmesso e di renderlo accessibile e appetibile all’uomo d’oggi, anche con i mezzi moderni della tecnologia, con gli strumenti della comunicazione sociale che Paolo VI non esitò a chiamare il “pulpito moderno”. Affidiamo il Conclave alla protezione di Maria, Madre della Chiesa e Salus Populi Romani.

Icona della "Salus Populi Romani" nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma

2 maggio 2025

ASPETTANDO IL NUOVO PAPA (PARTE II)

"PONTEFICE" 

PER COSTRUIRE PONTI DI DIALOGO



di Antonino Legname

La Chiesa non è una bottega di principi dottrinali o una stazione di servizi in cui ciascuno sceglie quello che più gli piace, con la pretesa di imporre agli altri gli stessi gusti. La Chiesa, da una parte non può essere staccata dalla sua visibilità storica, dall'altra non può essere identificata con la sua manifestazione storica ed empirica. Sant'Agostino sosteneva che può succedere che coloro che empiricamente sono dentro la Chiesa potrebbero essere spiritualmente fuori di essa, e viceversa. La vera riforma nella Chiesa, pertanto, non consiste nel rimodellare o inventare una nuova Chiesa, secondo i nostri personali desideri o le sensibilità teologiche e sociologiche dei Pastori. È vero che “ecclesia semper reformanda” «la Chiesa sempre si deve riformare», ma senza tradire la sua vera natura e senza svendere la sua Dottrina al miglior offerente. In questo particolare momento storico ed ecclesiale, alcune domande sono d’obbligo: Cosa deve cambiare nella Chiesa d'oggi? Cosa deve fare la Chiesa per riacquistare fiducia e credibilità nel nostro mondo secolarizzato e per avvicinare i lontani, senza trascurare i vicini, per raggiungere i giovani e tutti coloro che sono alla ricerca di Dio? Cosa deve fare la Chiesa per adattare ai tempi moderni le sue strutture, i suoi uffici ecclesiastici e i suoi linguaggi? A domande più o meno come queste Benedetto XVI aveva risposto con un aneddoto: quando una volta fu chiesto a Madre Teresa di Calcutta quale fosse per lei la prima cosa da cambiare nella Chiesa, la sua risposta fu “Lei ed io!”. Lo stesso aneddoto lo raccontò Papa Francesco ai giovani in occasione della 28.ma GMG di Rio de Janeiro: “anche io oggi rubo la parola a Madre Teresa e ti dico: Iniziamo? Da dove? Da te e da me!”. Il cambiamento nella Chiesa deve coinvolgere alla radice ogni battezzato e ogni comunità di credenti. Non si tratta di un rinnovamento di facciata, come voler ristrutturare una casa o tinteggiare le pareti di uno stabile; il nuovo Papa - sulla scia dei suoi Predecessori - dovrà riprendere con determinazione e coraggio la rotta segnata dal Concilio Vaticano II, che spinge la Chiesa sulla strada della missione verso tutte le periferie geografiche ed esistenziali. Ma non dimentichiamo che la vera e profonda riforma della Chiesa deve essere anzitutto un “rinnovamento spirituale interiore”. E allora, quale Pontefice ci aspettiamo per la Chiesa del nostro tempo? Nel suo primo incontro con il Corpo Diplomatico, accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco ricordava che il titolo di «Pontefice», con cui viene chiamato il Vescovo di Roma, è da intendersi come “colui che costruisce ponti con Dio e tra gli uomini” ed esortava a costruire ponti tra tutti gli uomini attraverso il dialogo, in modo tale da vedere negli altri non dei nemici da combattere, non dei concorrenti da vincere, ma dei fratelli da accogliere e abbracciare. Il dialogo deve essere chiaro, ma mite e rispettoso, altrimenti diventa inefficace e pericoloso e porta ai conflitti e alle guerre. Questo dialogo aperto e sincero deve esserci non solo ad extra, cioè con coloro che sono lontani dalla Chiesa, ma anche ad intra, cioè dentro la stessa Chiesa, con le tante sensibilità teologiche, liturgiche, sociologiche, ecc., che convivono dentro la Chiesa. Papa Francesco sosteneva: «Oggi, o si scommette sul dialogo, o si scommette sulla cultura dell’incontro, o tutti perdiamo!». Ovviamente il dialogo, per esempio quello interreligioso, non deve portare al sincretismo o al relativismo, per cui non c’è "verità" e non ci sono certezze, perché questo modo di pensare porterebbe inevitabilmente ad una “fede debole”, in analogia con il “pensiero debole” e con il "pensiero unico" della post modernità che hanno scardinato molte certezze e tanti punti fermi di riferimento. La conseguenza disastrosa del relativismo culturale ed ecclesiale è la confusione e lo smarrimento dentro una foresta di mezze o false verità a livello mediatico, politico, culturale, religioso e in certi casi anche scientifico. "La verità - ha detto Papa Francesco - non si afferra come una cosa, ma si incontra. Non è un possesso, è l'incontro con una Persona", Gesù di Nazareth. E' Lui la Verità; è Lui la porta sempre aperta a tutti, senza distinzioni, senza esclusioni, senza privilegi.



30 aprile 2025

ASPETTANDO IL NUOVO PAPA (PARTE I)

QUALE CHIESA

TRA CONSERVATORI, MODERATI E PROGRESSISTI?



di Antonino Legname

C'è chi dice che la Chiesa sia troppo compromessa e conformata ai parametri del mondo moderno e chi al contrario ne lamenta l'arretratezza e l'insensibilità di fronte ai tanti bisogni della società di oggi. C'è chi la vuole più spirituale, più incentrata sulla dottrina cattolica e sui valori cosiddetti non negoziabili e c'è, invece, chi la vorrebbe più presente, più inclusiva e più incisiva nel tessuto sociale, specialmente a favore degli ultimi e delle fasce più deboli. Da una parte c'è chi sogna una Chiesa distaccata da ogni forma di legame mondano e spogliata del potere temporale, dall'altra parte c'è chi la vorrebbe più inserita nelle problematiche e nelle sfide della società d'oggi. Da sempre la Chiesa è stata tirata da destra e da sinistra, in avanti e indietro; nel corso dei secoli è stata forte la tentazione di suddividerla in progressisti, moderati e conservatori. Ovviamente il nuovo Papa non potrà non tener conto di tutte le sensibilità presenti nella Chiesa. Ma al giorno d'oggi, ha senso avere la nostalgia di un passato glorioso del Papato, ma di una gloria umana, forse troppo umana? Purtroppo, alcuni gesti di Papa Francesco sono stati visti dai più conservatori come una minaccia alla dignità del papato e la sua vicinanza al popolo è stata scambiata per "populismo". C'è chi invoca una "restaurazione" nella Chiesa cattolica. Ma già Benedetto XVI spiegava che, se per "restaurazione si intende un tornare indietro, allora nessuna restaurazione è possibile. La Chiesa va avanti verso il compimento della storia, guarda innanzi al Signore che viene. No: indietro non si torna né si può tornare". Ovviamente, occorre cercare un sano equilibrio per evitare aperture esagerate o sconsiderate verso quel mondo agnostico, laicista, relativista e ateo che chiede a tutti i costi lo "snaturamento" della Chiesa e il suo adeguamento indiscriminato al mondo moderno. Sono convinto che la realtà della Chiesa di oggi non può più sopportare la dicotomia tra "conservatori" e "progressisti"; abbiamo urgente bisogno di nuovi profeti, di un Papa che sia capace di andare oltre questi schieramenti di parte che sono troppo mondani e fanno tanto male alla Chiesa. Non dobbiamo pensare la Chiesa in termini di "partiti" o di "cordate". Purtroppo, la faziosità non è estranea nella vita di alcuni uomini di chiesa. E' innegabile che quest'ultimo periodo della nostra storia sia stato segnato da profondi mutamenti e turbamenti globali a livello sociale, culturale, etico, economico, sanitario e politico. La Chiesa, con Papa Francesco, si è trovata in mezzo a gravi sconvolgimenti epocali; e le guerre che attualmente insanguinano con inaudita crudeltà i popoli in diverse parti del mondo - la cosiddetta guerra mondiale a pezzi, come la chiamava Papa Francesco - responsabilizzano ancora di più i Pastori della Chiesa; e il nuovo Papa dovrà continuare a gridare con tutte le sue forze e con tutta la sua autorità morale: basta guerre! Tacciano le armi di questa inutile strage! Papa Francesco ci lascia un ricco patrimonio di gesti e di testi che dobbiamo valorizzare e studiare. Non bisogna disperdere quello che ci ha insegnato sulle esigenze radicali del Vangelo e l'opzione preferenziale per gli ultimi. Forse, molti si aspettavano da questo pontificato radicali cambiamenti e riforme strutturali nella Chiesa. Francesco ha avviato tanti processi, su diversi fronti, che richiedono di essere portati avanti dal nuovo Papa; ha scelto di annunciare il Vangelo all'uomo d'oggi, non solo con le parole ma soprattutto con la testimonianza di una vita cristiana coerente, con il linguaggio dei segni, dei gesti carichi di umanità, di tenerezza, di compassione, di accoglienza di tutti nello stato di vita in cui si trovano, dando a tutti la possibilità della conversioneChi si aspettava grandi riforme strutturali da parte di Francesco forse è rimasto deluso; ma la vera riforma, o meglio la rivoluzione di  Francesco, è stata soprattutto quella della tenerezza, la cui fonte è il cuore misericordioso di Dio nei confronti dell'uomo peccatore. Papa Bergoglio ha messo i presupposti per la realizzazione di quelle riforme necessarie alla Chiesa del nostro tempo e ci ha insegnato lo stile per realizzarle, non perdendo mai di vista l'uomo con tutte le sue fragilità e miserie. I cantieri su alcuni temi più urgenti del nostro tempo sono stati aperti; il nuovo Successore dell'Apostolo Pietro, con profondo spirito di discernimento, dovrà fare alcune scelte prioritarie per rendere comprensibile e credibile l'annuncio del Vangelo in un mondo che cambia in maniera accelerata; avrà il delicato compito di continuare a lavorare per tessere sempre di più l'unità della Chiesa, armonizzando le diversità e le tante sensibilità, senza cedere al rischio dell'uniformità e dell'appiattimento. Le riforme avviate da Papa Francesco, particolarmente quelle che si riferiscono alla sinodalita', richiedono di essere sempre più capite e incarnate nella vita della Chiesa e nel vissuto di ogni cristiano. Il Cardinale Pietro Parolin, nell'omelia della Messa del 27 aprile 2025 nel sagrato della Basilica di San Pietro, ricordando Papa Francesco, ha detto: "La Sua eredità dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri. La misericordia ci riporta al cuore della fede. Ci ricorda che non dobbiamo interpretare il nostro rapporto con Dio e il nostro essere Chiesa secondo categorie umane o mondane, perché la buona notizia del Vangelo è anzitutto la scoperta di essere amati da un Dio che ha viscere di compassione e di tenerezza per ciascuno di noi a prescindere dai nostri meriti; ci ricorda, inoltre, che la nostra vita è intessuta di misericordia: noi possiamo rialzarci dopo le nostre cadute e guardare al futuro solo se abbiamo qualcuno che ci ama senza limiti e ci perdona. E, perciò, siamo chiamati all’impegno di vivere le nostre relazioni non più secondo i criteri del calcolo o accecati dall’egoismo, ma aprendoci al dialogo con l’altro, accogliendo chi incontriamo lungo il cammino e perdonando le sue debolezze e i suoi errori. Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco".




26 aprile 2025

PAPA FRANCESCO LASCIA UN TESTAMENTO SPIRITUALE PER LA CHIESA DEL FUTURO

L'EREDITA' DI FRANCESCO

«LA CHIESA NON È UN CASTELLO SITUATO IN ALTO CHE GUARDA IL MONDO... LA CHIESA CHE CAMMINA SARA' SEMPRE PIU' UNIVERSALE» 

«Il vento dello Spirito non ha smesso di soffiare. Fate buon viaggio, fratelli e sorelle»

di Antonino Legname

«Una Chiesa chiusa, spaventata, è una Chiesa morta» - ha scritto Papa Francesco nella sua autobiografia intitolata "Spera" (ed. Mondadori, Milano 2025), che doveva essere pubblicata come un lascito dopo la sua morte e che, invece - come spiega il biografo Carlo Musso – il Papa ha deciso di farla conoscere subito nell’anno giubilare dedicato alla speranza. Ed è soprattutto nell’ultimo capitolo “Io sono solo un passo” che Francesco traccia un breve profilo della Chiesa del futuro, come il suo "Testamento Spirituale".  «La Chiesa deve crescere nella creatività, nella comprensione delle sfide della contemporaneità, aprirsi al dialogo, non chiudersi nel timore.  Bisogna avere fiducia nello Spirito, che è il motore e la guida della Chiesa e che sempre fa chiasso. Basta pensare al racconto della Pentecoste sugli apostoli, che fu un baccano pazzesco: “Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano” (Cfr. At 2,2). Lo Spirito è il Paràclito, colui che sostiene e accompagna nel cammino, è soffio di vita, non un gas anestetizzante». E a proposito del rischio della rigidità nella Chiesa, Francesco ribadisce quello che ha rimarcato in tante occasioni: «La rigidità non è cristiana, perché nega questo movimento dello Spirito. La rigidità è settaria. La rigidità è autoreferenziale. La rigidità è un’eresia quotidiana. Confonde la Chiesa con una fortezza, un castello situato in alto che guarda il mondo e la vita con distanza e sufficienza, invece di abitarvi dentro». Papa Francesco esorta: «Dobbiamo uscire dalla rigidità, che non vuol dire cadere nel relativismo, ma andare avanti, scommettere. E dobbiamo sfuggire alla tentazione di controllare la fede, perché il Signore Gesù non va controllato, non ha bisogno né di badanti né di guardiani. Lo Spirito è libertà. E la libertà è anche rischio. La Chiesa che cammina sarà sempre più universale, e il suo futuro e la sua forza verranno anche dall’America Latina, dall’Asia, dall’India, dall’Africa, lo si vede già dalla ricchezza delle vocazioni». Francesco chiede «il coraggio di una conversione ecclesiale, non di una pavidità nostalgica». E ci tiene a precisare che è proprio con questo spirito che nel dicembre 2024 ha creato altri 21 nuovi cardinali dai diversi continenti: «Perché siano il volto sempre più autentico dell’universalità della Chiesa. E con l’intendimento che il titolo di “servo” – questo è il senso del ministero – offuschi sempre più quello di “eminenza”». Francesco mette in evidenza che «nel mondo d’oggi abbiamo bisogno di far corrispondere alla crescita delle innovazioni scientifiche e tecnologiche una sempre maggiore equità e inclusione sociale. Mentre scopriamo nuovi pianeti lontani, dobbiamo riscoprire i bisogni del fratello e della sorella che ci orbitano attorno. Solo l’educazione alla fraternità e a una solidarietà concreta può superare la “cultura dello scarto”». Il mondo d’oggi ha estremo ed urgente bisogno di speranza e «per noi cristiani il futuro ha un nome e questo nome è speranza». Papa Francesco spiega: «Avere speranza non significa essere ottimisti ingenui che ignorano il dramma del male dell’umanità. La speranza è la virtù di un cuore che non si chiude nel buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa vedere lucidamente il domani». Non c’è dubbio che l’incontro con gli altri è «un’occasione concreta per incontrare Cristo stesso. L’evangelizzazione, nel nostro tempo, sarà possibile per contagio di gioia e di speranza. Dove c’è davvero il Vangelo, non la sua ostentazione, non la sua strumentalizzazione, ma la sua presenza concreta, c’è sempre rivoluzione. Una rivoluzione nella tenerezza».

Francesco delinea i tratti della tenerezza cristiana: «è l’amore che si fa vicino e concreto. È usare gli occhi per vedere l’altro, usare le orecchie per sentire l’altro, per ascoltare il grido dei piccoli, dei poveri, di chi teme il futuro; ascoltare anche il grido silenzioso della nostra casa comune, della terra contaminata e malata. E dopo il guardare, dopo l’ascoltare, non c’è il parlare. C’è il fare. Bisogna essere umili, lasciare spazio al Signore, non alle nostre finte sicurezze. Non è debolezza la tenerezza: è vera forza. È la strada che hanno percorso gli uomini e le donne più forti e coraggiosi. Percorriamola, lottiamo con tenerezza e con coraggio. Percorretela, lottate con tenerezza e con coraggio». E come a volersi congedare, Francesco conclude: «Io sono solo un passo … Il vento dello Spirito non ha smesso di soffiare. Fate buon viaggio, fratelli e sorelle».


25 aprile 2025

IL PAPA DELLA GENTE RAGGIUNGE LA CASA DEL PADRE

L'UMANESIMO EVANGELICO DI FRANCESCO

SULLA ROTTA TRACCIATA DAL CONCILIO


di Antonino Legname

Il 21 aprile 2025 alle ore 07:35 Papa Francesco ha lasciato questa abitazione terrena per raggiungere la Casa del Padre. Con questa breve nota desidero salutare con grande commozione e gratitudine Francesco per tutto il bene che ha saputo seminare nella Chiesa e nel mondo in questi 12 anni di Pontificato. La sua umanità, fatta di semplicità nei gesti e nelle parole, mi ha accompagnato nel mio ministero pastorale in tutto questo tempo. Il suo Magistero, impregnato di umanesimo, radicato nel Vangelo ed ispirato al Concilio Vaticano II, è stato "integrale", perché ha cercato di tessere legami sempre più stretti e profondi tra gli esseri umani, perché "fratelli tutti". Un tema importante del suo pontificato è stato quello dell'ecologia integrale; diceva che, quando maltrattiamo la natura, maltrattiamo anche gli esseri umani e la prospettiva deve essere quella di aver cura del creato e di promuovere una vera ecologia del cuore capace di armonizzare la dimensione umana con quella spirituale nel rispetto delle differenze riconciliate. Francesco ha cercato di promuovere ancora di più un umanesimo "popolare", perché l'annuncio del Vangelo è dovere di tutto il popolo di Dio; in tale prospettiva si colloca la sua "teologia del popolo". La dimensione sinodale della Chiesa è un cantiere ancora aperto nel quale bisogna continuare a lavorare molto e con convinzione, anche per debellare la piaga del clericalismo. In tantissime occasioni, Francesco ha esortato i Pastori della Chiesa ad essere più vicini alla gente, ad avere l'odore delle pecore e a non lasciarsi anestetizzare dallo spirito mondano. Con l'umanesimo "solidale" il Santo Padre ci ha voluto insegnare a non vedere nell'altro un nemico, un concorrente o un numero, ma un fratello da amare; questo deve spingerci a dialogare sempre con tutti nel rispetto e a chinarci con tenerezza, comprensione e compassione davanti al fratello bisogno e fragile. Da qui la necessità di una "Chiesa in uscita" capace di raggiungere le periferie geografiche ed esistenziali. Il suo umanesimo è stato anche "inclusivo" e ci ha ricordato che nella Chiesa c'è posto per tutti: "non abbiamo il diritto di escludere gli altri, né tantomeno di giudicarli e di chiudere loro le porte. Anche alla radice delle piccoli o grandi guerre - dice Francesco - c'è sempre la volontà dell'esclusione". Pertanto, occorre imparare a spalancare le braccia, come Gesù sulla croce, per accogliere tutti, perché Dio si può incontrare ovunque e per la sua misericordia nessuno è legato irrimediabilmente al proprio passato di peccato. E mi piace sottolineare che l'umanesimo di Papa Francesco è anche "gioioso": il tema della gioia ricorre spesso nei suoi discorsi e Lui per primo aveva il senso dell'umorismo e ringraziava il Signore per non avergli tolto il buon umore, perché - come diceva - "una sequela triste è una triste sequela". Bisogna servire Dio con la gioia del cuore. Papa Francesco ci lascia un ricco patrimonio di insegnamenti carichi di umanità evangelica; i suoi numerosi gesti di vicinanza e di accoglienza continueranno ad illuminare il mio cammino umano e il mio ministero sacerdotale. 

Sono certo che il nuovo Successore dell'Apostolo Pietro saprà considerare e valorizzare il Magistero di Papa Francesco nella continuità innovativa e sulla rotta del Concilio Vaticano II, nella consapevolezza che il soffio vivificante dello Spirito Santo spinge la Chiesa sempre in avanti, anche in mezzo alle tempeste e alle contraddizioni della storia. Riposa in pace, Francesco,  prega per noi, per la Chiesa e per il mondo intero! Maria Santissima, con la sua tenerezza di Madre, ti accompagni tra le braccia misericordiose di Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo.



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