Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

martedì 20 febbraio 2018

LE LACRIME DI FRANCESCO

Papa Francesco: «Quando si parla della mamma sempre c’è qualcosa … e in quel momento mi hai fatto piangere»

 di Antonino Legname

«Ho pianto, quando ho letto la tua domanda … ti sono stato vicino con un paio di lacrime» - ha confidato Papa Francesco ad un ragazzo che gli aveva presentato in anticipo la sua triste storia: «Quando avevo due mesi di vita mia mamma mi ha abbandonato in un orfanotrofio. A 21 anni ho cercato mia madre e sono rimasto con lei 2 settimane ma non si comportava bene con me e quindi me ne sono andato. Mio papà è morto. Che colpa ho io se lei non mi vuole? Perché lei non mi accetta?».  
Vergine della tenerezza

Il Pontefice con commozione riferisce: «ho pianto … ti sono stato vicino con un paio di lacrime».  Il 4 gennaio 2018 Francesco aveva incontrato alcuni ragazzi romeni ospiti di un orfanotrofio, aiutati dalla ONG “FDP protagonisti nell’educazione”, che opera da anni in Romania. Il testo del dialogo è stato pubblicato dalla Santa Sede il 19 febbraio 2018. Il Vescovo di Roma non nasconde la sua particolare sensibilità quando si toccano certe corde del cuore che riguardano la mamma: «tu mi hai preso forse con le difese basse - ha ammesso Francesco, cercando di spiegare che «non è questione di colpa, è questione di grandi fragilità degli adulti, dovute nel vostro caso a tanta miseria, a tante ingiustizie sociali che schiacciano i piccoli e i poveri, e anche a tanta povertà spirituale». Come è possibile che una madre abbandoni il proprio figlio? Il Papa risponde che è possibile quando si vive nella povertà materiale e spirituale. È questa povertà che indurisce i cuori e fa sbagliare fino al punto da provocare ciò che sembra impossibile e innaturale: l'abbandono di un figlio. Con quanta tenerezza Francesco ha cercato di consolare quel ragazzo assicurandogli: «Tua mamma ti ama ma non sa come farlo, non sa come esprimerlo. Non può perché la vita è dura, è ingiusta. E quell’amore che è chiuso in lei non sa come dirlo e come accarezzarti. Ti prometto di pregare perché un giorno possa farti vedere quell’amore. Non essere scettico, abbi speranza». Ci sono tanti «perché» che restano senza risposte umane. Solo Dio conosce la risposta. A noi non resta altro che «guardare, sentire, soffrire e piangere». Papa Francesco riconosce che «ci sono alcuni adulti che sono più deboli, non hanno la forza sufficiente per sopportare le fragilità. E questo perché loro stessi sono fragili». E lo spiega usando un'immagine: «se io ho una grossa pietra, non posso appoggiarla sopra una scatola di cartone, perché la pietra schiaccia il cartone. Ci sono genitori che sono fragili». In conclusione, il Papa ha esortato i ragazzi che vivono nell'orfanotrofio a sperimentare l'incontro con il Signore Gesù, il quale «guarisce con un abbraccio, con le carezze, con l’amore, allora, dopo tutto il male che potete aver vissuto, alla fine avete trovato questo «perché!».

lunedì 12 febbraio 2018

DIO RESPIRA ANCORA



 Papa Francesco: «Chi ha paura della verità e della libertà fa di tutto per bandire Dio»

di Antonino Legname

Nel 1965 il cantautore italiano Francesco Guccini scrisse una canzone intitolata “Dio è morto”, portata al successo nel 1967 dal gruppo musicale dei “Nomadi”. Il testo inizialmente fu considerato dalla Rai blasfemo ed offensivo, e fu subito censurato. Radio Vaticana, invece, lo mise in onda, apprezzandone il contenuto e il messaggio. “Dio è morto” di Guccini - si disse - non è una canzone antireligiosa, al contrario, è un “urlo” di denuncia contro i crimini del nazismo e del razzismo e i falsi miti della società consumistica: Dio viene ucciso dalle guerre e dagli odi, dai regimi totalitari, “nei campi di sterminio dio è morto”, nell'edonismo e “nei miti dell'estate, dio è morto”, nel consumismo e “nelle auto prese a rate, dio è morto” e nei falsi miti della religione e in tutte le ipocrisie del perbenismo del Novecento “dio è morto”; ma Dio può risorgere se le nuove generazioni si ribellano, con “una rivolta senza armi”, ai falsi valori per riappropriarsi del loro futuro e con la forza della loro speranza per una società migliore, possano gridare: “in ciò che noi crediamo dio è risorto/ in ciò che noi vogliamo dio è risorto/ nel mondo che faremo dio è risorto”. Veramente “Dio è morto” quando la fede non dice più nulla agli uomini d'oggi e la stessa questione su Dio è morta. Magari si trovassero uomini inquieti nella faticosa ricerca di Dio! Oggi la fede deve fare i conti con una diffusa indifferenza religiosa. Contrapponendosi con forza a Nietzsche e al nichilismo moderno, che sfocia nell’ateismo, Martin Buber dichiarava che Dio non è definitivamente morto, ma si è solo temporaneamente eclissato […]. Sono finiti i tempi in cui il mondo occidentale aveva decretato la «morte di Dio» e l'eclissi della religione? […]. Chi ha decretato  l'eclissi di Dio e della religione ha emesso un giudizio troppo affrettato perché il senso del sacro non si può cancellare dal “cuore” dell'uomo, così come non si può decidere se l'amore possa continuare o no a guidare i sentimenti umani o la bellezza a stimolare l'arte in tutte le sue espressioni. In occasione del viaggio apostolico in Albania, Papa Francesco, ricordando i decenni di persecuzione cruenta che ha dovuto subire quel popolo da parte del regime ateo, ha detto: “coloro che avevano paura della verità e della libertà facevano di tutto per bandire Dio dal cuore dell’uomo ed escludere Cristo e la Chiesa dalla storia del vostro Paese […]. Ripensando a quei decenni di atroci sofferenze e di durissime persecuzioni contro cattolici, ortodossi e musulmani, possiamo dire che l’Albania è stata una terra di martiri: molti vescovi, sacerdoti, religiosi fedeli laici, ministri di culto di altre religioni, hanno pagato con la vita la loro fedeltà. Non sono mancate prove di grande coraggio e coerenza nella professione della fede”. Dio non è morto! Si sono sbagliati i cosiddetti «maestri del sospetto» (Feuerbach, Marx, Freud e Nietzsche), i quali avevano criticato la religione fino a decretare la «morte di Dio». A queste parole di suffragio nei confronti di Dio ribatte l'ateo Michel Onfray: «Dio è morto? - e risponde: “È da vedere. Una buona novella come questa avrebbe dovuto produrre effetti solari” e invece ha portato al “nichilismo” e al “culto del niente”, alla “passione del nulla”. E lo stesso Onfray ammette che Dio respira ancora: “Dio […] non è né morto né moribondo” […]. Pur considerando molto serio il problema della “morte di Dio”, pronosticato dal nichilismo di Nietzsche, ci rendiamo conto che Dio, forse, si era eclissato un po' e oggi assistiamo ad una rinascita del senso religioso e ad un risveglio del cristianesimo - nonostante la crisi di fede all'interno delle Chiese.


[Dal libro di Antonino Legname, La Teopsia di Francesco. Tra scienza e fede, il nuovo umanesimo cristiano, integrale, popolare, solidale, inclusivo e   gioioso, Le Nove Muse, Catania 2017, vol. II, pp. 663-668].  


sabato 10 febbraio 2018

PREGHIERA INEDITA DI PAPA FRANCESCO


"Signore, grazie tante per la fede"

a cura di Antonino Legname


È una breve ma intensa preghiera che ho intessuto con alcuni «fili» letterari ricavati dai discorsi di Papa Francesco:

“Signore, grazie tante per la fede. Custodisci la mia fede, falla crescere. Che  la mia fede sia forte, coraggiosa. E  aiutami nei momenti in cui devo renderla pubblica. Dammi il coraggio” affinché “la mia fede diventi attiva, creativa ed efficace”. Che possa “trasmettere la gioia della fede anche con gli occhi”. “Signore, che io non dimentichi il tuo passo nella mia vita, che io non dimentichi i buoni momenti, anche i brutti; le gioie e le croci”. “Che tutti noi possiamo lasciare con la nostra vita, come migliore eredità, la fede: la fede in questo Dio fedele, questo Dio che è accanto a noi sempre, questo Dio che è Padre e non delude mai” e che non può stare senza di noi. Donaci, o Signore, per mezzo del tuo Santo Spirito “la grazia di essere persone semplici e umili, la grazia di saper piangere, la grazia di essere miti, la grazia di lavorare per la giustizia e la pace, la grazia di lasciarci perdonare da Dio per diventare strumenti della sua misericordia” e soprattutto “la grazia di poter dire con la nostra vita «ho visto il Signore», perché l’ho visto vivo nel cuore” e “nel volto dei fratelli più poveri”. Amen.

[Dal libro di Antonino Legname, La Teopsia di Francesco. Tra scienza e fede, il nuovo umanesimo 
cristiano, integrale, popolare, solidale, inclusivo e   gioioso, Le Nove Muse, Catania 2017, vol. II, p. 1194].  

mercoledì 7 febbraio 2018

NO ALLE OMELIE LUNGHE E INCOMPRENSIBILI!

L'OMELIA NON E' UN SONNIFERO
Papa Francesco: «L'omelia non deve andare oltre i 10 minuti».


di Antonino Legname

«L’omelia non è un discorso di circostanza - neppure una catechesi come questa che sto facendo adesso -, né una conferenza neppure una lezione», ha detto Papa Francesco nella Catechesi del Mercoledì 7 febbraio 2018, nell'Aula Paolo VI. Una buona omelia riprende il dialogo aperto tra il Signore e il suo popolo. In modo particolare il Vangelo, che viene proclamato dal ministro ordinato - Vescovo, Sacerdote o Diacono - è circondato di particolare onore e venerazione. L'assemblea che partecipa alla Messa, riconosce nel Vangelo la presenza di Cristo, che continua ad annunciare la «buona notizia» che chiama a conversione. Come ci ricorda Papa Francesco - citando sant'Agostino - «la bocca di Cristo è il Vangelo». Il Pontefice si sofferma sull'omelia della Messa. Non si può negare che a volte l'omelia annoia perché «è lunga o non centrata o incomprensibile» - ha ammesso - altre volte è invece il pregiudizio a fare da ostacolo». A chi fa l'omelia, Papa Francesco consiglia la brevità e la chiarezza: «non deve andare oltre i 10 minuti». Al contrario, quando le omelie sono lunghe e poco preparate, i fedeli «si addormentano, altri chiacchierano o escono fuori a fumare una sigaretta». Il Vescovo di Roma, ribadisce: «per favore, che l'omelia sia breve e ben preparata», con la preghiera e con lo studio della Parola di Dio. Purtroppo, a volte capita che l'omelia sia il momento più sopportato dai fedeli. Francesco racconta di quel sacerdote che, andando a trovare i suoi genitori in un'altra città, ebbe questa confidenza dal padre: «Tu sai, sono contento, perché con i miei amici abbiamo trovato una chiesa dove si fa la Messa senza omelia!». Il Pontefice, a chi fa l'omelia, dice che «deve essere conscio che non sta facendo una cosa propria, sta predicando, dando voce a Gesù, sta predicando la Parola di Gesù».

domenica 4 febbraio 2018

SANT'AGATA, CATANIA E I SUOI DEVOTI

IL POPOLO INSEGNA COME SI AMA AGATA
Papa Francesco: «Se perdiamo il contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità»


di Antonino Legname

C'è una vera e propria identificazione tra Catania e Sant'Agata. Dire Catania è dire Sant'Agata e viceversa. La religiosità del popolo catanese, in un certo senso, si identifica con la Santa Patrona Agata, Vergine e Martire. Possiamo dire che la «pietà» e la «spiritualità popolare» dei catanesi siano un modo legittimo di vivere la fede!? Papa Francesco sostiene che la «pastorale popolare» sia, non solo la chiave ermeneutica per comprendere meglio l'azione del Popolo di Dio che prega ed opera, ma anche un antidoto potente ed efficace contro la «pastorale clericale»; il «clericalismo», ancora molto diffuso nelle Comunità ecclesiali, può essere superato dalla «religione del popolo», cioè dalla «pietà popolare», che se ben orientata, purificata ed evangelizzata produce frutti abbondanti di bene e manifesta una vera e genuina presenza dello Spirito Santo, il quale “non è solo «proprietà» della gerarchia ecclesiale”. Se oggi la Chiesa vuole frenare l'avanzamento del secolarismo deve promuovere e sostenere la pietà popolare che è un vero e proprio canale di trasmissione della fede. La fede del popolo di Dio è una fede semplice ed essenziale. Tanti devoti di Sant'Agata, forse, non conoscono bene tutti i particolari della storia di Sant'Agata; ma per questo ci pensano i teologi e gli storici della Chiesa; loro ti spiegheranno chi è e cosa ha fatto Agata. Ma, se tu vuoi sapere come si ama Agata, devi andare in mezzo al popolo di Dio che te lo insegnerà meglio e bene. Pertanto, occorre ascoltare di più la saggezza del Popolo dei devoti, imparando a valorizzare la pietà popolare della nostra gente che possiede la capacità di comprendere il Vangelo. La chiave per entrare nel cuore dell'umanesimo cristiano popolare è la vicinanza alla gente; «se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio - ha detto Papa Francesco - perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte».
S.E. Mons. Salvatore Gristina con la reliquia del velo di S.Agata

Francesco esorta i Pastori della Chiesa «ad ascoltare il Popolo di Dio»; e il modo più giusto è quello di «scalzarsi» dei pregiudizi e dei razionalismi, e di non lasciarsi incasellare dagli schemi funzionali; e, inoltre, bisogna imparare a conoscere in che modo «lo Spirito agisce nel cuore di tanti uomini e donne che con grande vigore non smettono di lottare per rendere credibile il Vangelo». Per sottolineare il legame forte che deve esserci tra il Pastore e il suo Gregge, il Papa racconta che un giorno un Vescovo si trovava nella metro all'ora di punta: “c’era talmente tanta gente che non sapeva più dove mettere la mano per reggersi. Spinto 
a destra e a sinistra, si appoggiava alle persone per non cadere. E così ha pensato che, oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo, è la sua gente”. Il Popolo di Dio possiede quel «fiuto» per individuare e percorrere le strade nuove che lo Spirito Santo apre nel cammino ecclesiale. Bisogna mettersi in ascolto umile e fiducioso della nostra gente ed è cosa buona riconoscere e valorizzare sempre di più la pietà popolare del popolo, perché ogni battezzato ha ricevuto il dono di comprendere il Vangelo e può contribuire ad arricchire il «deposito della fede». In questo senso, i Pastori della Chiesa ricevono dai fedeli laici nuovi impulsi pastorali e linfa per il nutrimento della fede, e per questo motivo non devono sottovalutare o mortificare la religiosità popolare declassandola a superstizione o a semplice folclore. Ovviamente, ci sono ancora molti aspetti della festa che devono essere attenzionati e purificati; non possiamo negare, però, che in questi decenni, le autorità religiose e civili della nostra città hanno fatto e continuano a fare tanti sforzi per migliorare questa grande manifestazione di fede e di devozione popolare. Se vogliamo che la festa di Sant'Agata diventi la «festa del Popolo di Dio» occorre mettere in pratica con più determinazione l'esortazione di Papa Francesco: “sia tutto il popolo di Dio ad annunciare il Vangelo, popolo e pastori, intendo … Popolo e Pastori insieme». La festa di Sant'Agata è l'abbraccio di amore e di devozione del popolo di Dio alla sua santa Patrona.
E allora, gridiamo tutti con vera fede: "Cittadini, devoti tutti, Viva sant'Agata!"


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