"PONTEFICE"
PER COSTRUIRE PONTI DI DIALOGO
di Antonino Legname
La Chiesa non è una bottega di principi dottrinali o una stazione di servizi in cui ciascuno sceglie quello che più gli piace, con la pretesa di imporre agli altri gli stessi gusti. La Chiesa, da una parte non può essere staccata dalla sua visibilità storica, dall'altra non può essere identificata con la sua manifestazione storica ed empirica. Sant'Agostino sosteneva che può succedere che coloro che empiricamente sono dentro la Chiesa potrebbero essere spiritualmente fuori di essa, e viceversa. La vera riforma nella Chiesa, pertanto, non consiste nel rimodellare o inventare una nuova Chiesa, secondo i nostri personali desideri o le sensibilità teologiche e sociologiche dei Pastori. È vero che “ecclesia semper reformanda” «la Chiesa sempre si deve riformare», ma senza tradire la sua vera natura e senza svendere la sua Dottrina al miglior offerente. In questo particolare momento storico ed ecclesiale, alcune domande sono d’obbligo: Cosa deve cambiare nella Chiesa d'oggi? Cosa deve fare la Chiesa per riacquistare fiducia e credibilità nel nostro mondo secolarizzato e per avvicinare i lontani, senza trascurare i vicini, per raggiungere i giovani e tutti coloro che sono alla ricerca di Dio? Cosa deve fare la Chiesa per adattare ai tempi moderni le sue strutture, i suoi uffici ecclesiastici e i suoi linguaggi? A domande più o meno come queste Benedetto XVI aveva risposto con un aneddoto: quando una volta fu chiesto a Madre Teresa di Calcutta quale fosse per lei la prima cosa da cambiare nella Chiesa, la sua risposta fu “Lei ed io!”. Lo stesso aneddoto lo raccontò Papa Francesco ai giovani in occasione della 28.ma GMG di Rio de Janeiro: “anche io oggi rubo la parola a Madre Teresa e ti dico: Iniziamo? Da dove? Da te e da me!”. Il cambiamento nella Chiesa deve coinvolgere alla radice ogni battezzato e ogni comunità di credenti. Non si tratta di un rinnovamento di facciata, come voler ristrutturare una casa o tinteggiare le pareti di uno stabile; il nuovo Papa - sulla scia dei suoi Predecessori - dovrà riprendere con determinazione e coraggio la rotta segnata dal Concilio Vaticano II, che spinge la Chiesa sulla strada della missione verso tutte le periferie geografiche ed esistenziali. Ma non dimentichiamo che la vera e profonda riforma della Chiesa deve essere anzitutto un “rinnovamento spirituale interiore”. E allora, quale Pontefice ci aspettiamo per la Chiesa del nostro tempo? Nel suo primo incontro con il Corpo Diplomatico, accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco ricordava che il titolo di «Pontefice», con cui viene chiamato il Vescovo di Roma, è da intendersi come “colui che costruisce ponti con Dio e tra gli uomini” ed esortava a costruire ponti tra tutti gli uomini attraverso il dialogo, in modo tale da vedere negli altri non dei nemici da combattere, non dei concorrenti da vincere, ma dei fratelli da accogliere e abbracciare. Il dialogo deve essere chiaro, ma mite e rispettoso, altrimenti diventa inefficace e pericoloso e porta ai conflitti e alle guerre. Questo dialogo aperto e sincero deve esserci non solo ad extra, cioè con coloro che sono lontani dalla Chiesa, ma anche ad intra, cioè dentro la stessa Chiesa, con le tante sensibilità teologiche, liturgiche, sociologiche, ecc., che convivono dentro la Chiesa. Papa Francesco sosteneva: «Oggi, o si scommette sul dialogo, o si scommette sulla cultura dell’incontro, o tutti perdiamo!». Ovviamente il dialogo, per esempio quello interreligioso, non deve portare al sincretismo o al relativismo, per cui non c’è "verità" e non ci sono certezze, perché questo modo di pensare porterebbe inevitabilmente ad una “fede debole”, in analogia con il “pensiero debole” e con il "pensiero unico" della post modernità che hanno scardinato molte certezze e tanti punti fermi di riferimento. La conseguenza disastrosa del relativismo culturale ed ecclesiale è la confusione e lo smarrimento dentro una foresta di mezze o false verità a livello mediatico, politico, culturale, religioso e in certi casi anche scientifico. "La verità - ha detto Papa Francesco - non si afferra come una cosa, ma si incontra. Non è un possesso, è l'incontro con una Persona", Gesù di Nazareth. E' Lui la Verità; è Lui la porta sempre aperta a tutti, senza distinzioni, senza esclusioni, senza privilegi.