NO
ALLA PSICOLOGIA DELLA DIVISIONE
Francesco:
«Dire “noi siamo i giusti, gli altri
i peccatori” per creare divisione, è una
malattia della Chiesa che nasce dalle ideologie o dai partiti religiosi»
(Foto da Vatican.va) |
di
Antonino Legname
Anche nella Chiesa, in nome della «purezza della
legge», ci può essere la tentazione di dividere gli uomini in buoni e cattivi,
in giusti e peccatori. Papa Francesco, nella Meditazione della Messa a Santa
Marta il 4 maggio 2020, ha
detto che «c’è sempre nella Chiesa – e tanto nella Chiesa primitiva, perché non
era chiara la cosa – questo spirito di “noi siamo i giusti, gli altri i
peccatori”. Questo “noi e gli altri”, “noi e gli altri”, le divisioni: “Noi
abbiamo proprio la posizione giusta davanti a Dio”. Invece ci sono “gli altri”,
si dice anche: “Sono i “condannati”». Questo modo di pensare era comune al
tempo di Gesù e c’erano almeno quattro partiti religiosi – ricorda Francesco -
«il partito dei farisei, il partito dei sadducei, il partito degli zeloti e il partito
degli esseni, e ognuno interpretava la legge secondo “l’idea” che aveva». E
talmente erano radicati nella loro convinzione che rimproveravano Gesù «di
entrare in casa dei pubblicani – che erano peccatori, secondo loro – e a
mangiare con loro, con i peccatori, perché la purezza della legge non lo
permetteva; e non si lavava le mani prima del pranzo … sempre quel rimprovero
che fa divisione». Il Pontefice non esita a definire patologico il
comportamento di chi cerca e favorisce la divisione appellandosi alla purezza,
a volte formalistica, della legge: «questa è una malattia della Chiesa,
una malattia che nasce dalle ideologie o dai partiti religiosi». A volte si rischia di assolutizzare la
propria idea fino al punto da subordinare il bene dell’unità alla divisione.
Papa Francesco racconta che un Cardinale emerito, che vive in Vaticano, diceva
ai suoi fedeli: “La Chiesa è come un fiume, sai? Alcuni sono più di questa
parte, alcuni dell’altra parte, ma l’importante è che tutti siano dentro al
fiume”. Francesco aggiunge: «Questa è l’unità della Chiesa. Nessuno fuori,
tutti dentro», ciascuno con le proprie peculiarità, che non devono essere
assolutizzate o imposte agli altri. Gesù è il Buon Pastore che ha a cuore la
salvezza di «tutte» le pecorelle, anche di quelle che «non provengono da questo
recinto». E nella parabola della festa di nozze si dice che il padrone
arrabbiato per aver ricevuto il rifiuto degli invitati, manda a cercare gli
«altri», «grandi e piccoli, ricchi e poveri, buoni e cattivi». Francesco
sottolinea con forza questo «tutti», per ribadire che il Signore «è venuto per tutti ed è morto per tutti». E a qualcuno che avesse il
dubbio che Gesù «è morto anche per quel disgraziato che mi ha reso la vita
impossibile», il Papa risponde: «È morto pure per lui». Ma anche “per quel
brigante?”». La risposta è “sì”: «è
morto per lui. Per tutti. E anche per la gente che non crede in lui o è
di altre religioni: per tutti è morto». Non dobbiamo mai dimenticare che «abbiamo
un solo Redentore, una sola unità». Pertanto, bisogna vincere la tentazione
della divisione e del partitismo nella Chiesa. Non hanno senso le cosiddette
cordate, che sono la malattia di sempre; «anche Paolo l’ha sofferta: “Io sono
di Paolo, io sono di Apollo, io sono di questo, io sono dell’altro …”». Papa
Francesco ricorda che anche dopo il Concilio Vaticano II la Chiesa ebbe a
soffrire le divisioni: “Io sono di questa parte, io la penso così, tu così …”».
Ovviamente, non si tratta di omologare tutte le idee o di livellare il pensiero
umano, ma di salvare l’unità della Chiesa nella carità e nella verità, «sotto
il pastore Gesù», che è il «pastore di tutti». Il Papa ha voluto pregare il
Signore affinché «ci liberi da quella psicologia della divisione, di dividere,
e ci aiuti ad essere tutti fratelli»
in Gesù «Pastore di tutti».