Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

venerdì 31 marzo 2017

RATZINGER, LUTERO E L'UNITA' DELLE CHIESE



LUTERO E L'UNITA' DELLE CHIESE


Quando Joseph Ratzinger fu aspramente criticato e accusato di «ecumenismo a ritroso» e disse: "da parte cattolica ho ricevuto per lo più critiche ingiuriose".



 

di Antonino Legname 

In questi anni di pontificato, Papa Francesco in tante occasioni ha ribadito che la strada dell'ecumenismo teologico e dottrinale non è facile, anzi è molto complessa, e il cammino richiede la capacità di soffrire e di agire con pazienza, senza l'assillo dei risultati immediati. Al di là delle evidenti e profonde diversità teologiche ed ecclesiologiche resta comunque l'anelito e l'impegno di tutte le Chiese di favorire con rispetto reciproco il cammino verso l'unità piena. Si realizzerà? «Dove e quando piace a Dio» - diceva Melantone. E in riferimento a Lutero occorre presentare un'immagine che sia fedele alla storia e alla teologia. In occasione della visita a Erfurt, in Germania, il 23 settembre 2011, papa Benedetto XVI a proposito di Lutero spiegava che «ciò che non gli dava pace era la questione su Dio, che fu la passione profonda e la molla della sua vita e dell’intero suo cammino. “Come posso avere un Dio misericordioso?”: questa domanda gli penetrava nel cuore e stava dietro ogni sua ricerca teologica e ogni lotta interiore. Per Lutero la teologia non era una questione accademica, ma la lotta interiore con se stesso, e questo, poi, era una lotta riguardo a Dio e con Dio». Giovanni Paolo II il 6 giugno 1989 arrivò a dire che «i risultati della scomunica di Lutero hanno prodotto ferite profonde che, ancora … non si sono rimarginate» ed esortava i cattolici a considerare gli sforzi scientifici degli studiosi evangelici e cattolici che hanno portato a focalizzare «la profonda religiosità di Lutero che ardeva dell’ansia bruciante per il problema della salvezza eterna». Andando indietro di qualche decennio, mi sembra utile riprendere e riproporre alcune riflessioni lungimiranti di Joseph Ratzinger sul tema dell'ecumenismo e in modo specifico su Lutero e l'unità delle Chiese [1]. Per esempio, nella Lettera indirizzata al collega prof. M. Seckler nel 1986, scriveva: “Appartiene a quest'unità attraverso la diversità anche la volontà di non voler imporre all'altro ciò che (ancora) lo minaccia nel centro della sua identità cristiana” (p. 136). In che senso? Ratzinger spiega: “I cattolici non dovrebbero cercare di spingere i protestanti al riconoscimento del papato e della loro comprensione della successione apostolica; l'inserimento della parola nello spazio del sacramento, e nell'ordine giuridico definito dal sacramento, appare evidentemente ai protestanti un attentato alla libertà e alla non manipolabilità della parola, e noi questo dovremmo rispettarlo” (Ibid.). Ovviamente anche “i protestanti dovrebbero evitare di spingere la chiesa cattolica all'intercomunione a partire dalla loro idea di Cena” (pp. 137-137) . Mi ha sempre incuriosito la misteriosa sentenza di san Paolo: «È necessario che avvengano divisioni tra voi» (1Cor 11,19). Perché «è necessario»? Joseph Ratzinger ha cercato di spiegare con un esempio pratico il significato di quel «è necessario»: “Non è stato forse in tanti modi un bene per la Chiesa cattolica in Germania e altrove il fatto che sia esistito accanto alla Chiesa il protestantesimo con la sua liberalità e la sua devozione religiosa, con le sue lacerazioni e la sua elevata pretesa spirituale?” (p. 135). Ratzinger non sottovaluta il fatto che “ai tempi delle lotte per la fede, la spaccatura è stata quasi soltanto contrapposizione; ma poi sono cresciuti sempre di più elementi positivi per la fede in entrambe le parti, un positivo che ci permette di comprendere qualcosa del misterioso «è necessario» di San Paolo” (ibid.). Ovviamente la stessa cosa vale per il protestantesimo, il quale, nato come protesta, sarebbe quasi impensabile senza il riferimento al cattolicesimo. Da qui deve scaturire la reciproca esigenza delle Chiese cristiane di impegnarsi per raggiungere la piena unità, attraverso modelli di unità, non solo come frutto di discussione dotte tra i teologi, ma soprattutto nella preghiera e nella penitenza (ibid.). Al di là di tante questioni dottrinali ed ecclesiologiche ancora irrisolte, resta comunque aperto l'impegno ecumenico delle chiese cristiane di crescere insieme nell'amicizia fraterna, nella missione e nella solidarietà verso i più deboli della società. Questo è l'«ecumenismo della misericordia» che spinge tutte le chiese a testimoniare insieme l'amore di Dio con l'annuncio del Vangelo e con il servizio agli ultimi. Alcuni storici e teologi concordano nel dire che Lutero, con la sua Riforma, ha voluto rinnovare un cattolicesimo che all'epoca non era cattolico (cfr. J. Lortz, La Riforma in Germania, Jaca Book, Milano 1979). E Papa Francesco ha detto che «l’intento di Martin Lutero, cinquecento anni fa, era quello di rinnovare la Chiesa, non di dividerla». In un'intervista alla Rivista Communio, nel 1983, Ratzinger spiegava che la divisione della Chiesa al tempo di Lutero è stata un "malinteso che si sarebbe potuto evitare da parte di pastori più vigili nel loro pensiero" (p. 100). Per questa intervista, Ratzinger fu criticato e fu accusato da U. Ruh di «ecumenismo a ritroso» (cfr Herder Korrespondenz, 38 [1984], p. 4). P. Manns addirittura gli suggerì una «ritrattazione». Ratzinger, invece, si appellò ad una seria ricerca comune per poter conoscere e interpretare  correttamente il pensiero di Martin Lutero. E a proposito della critica aperta ricevuta da Manns, Ratzinger scrisse: «la preferisco a certe obiettività apparenti con le loro aggressioni nascoste» (p. 120). Come si vede, nulla di nuovo sotto il sole! E anche il suo progetto di riunificazione di Fries-Ranher, provocò accese polemiche; mentre, però, da parte evangelica ci fu una prudente approvazione, per esempio da Eliert Hermes e dal luterano Oscar Cullmann, invece «da parte cattolica - riferisce Ratzinger - ho ricevuto per lo più critiche ingiuriose» (p. 120). E allora cosa bisogna fare per l'unità dei cristiani? Ratzinger risponde: «rafforzare la comune testimonianza di amore in un mondo che ne ha sempre più bisogno. Dare la comune testimonianza fondamentale della fede, non perdere nulla di essa e cercare di poterla dare in modo sempre più completo» (p. 129). «In ogni caso dovrebbe risultare chiaro che l'unità non la facciamo noi ... ma non possiamo tuttavia rimanere con le mani in mano. Ciò che qui importa è di accogliere sempre daccapo l'altro in quanto altro nel rispetto della sua alterità. Possiamo essere uniti anche come divisi» (p. 135). In questo cammino verso l'unità piena dobbiamo, non solo rispettarci, ma amarci perché - come ha spiegato Ratzinger - «noi siamo a vicenda necessari anche nella divisione, riceviamo l'uno dall'altro, viviamo l'uno per l'altro, siamo cristiani l'uno insieme con l'altro» (p. 130). In questa prospettiva anche la divisione attuale - fino a quando il Signore la permette - «può essere anche feconda, può portare a una ricchezza maggiore della fede e in tal modo preparare l'una-molteplice Chiesa, che noi non ci sappiamo immaginare, ma nella quale nulla sarà perduto di ciò che di positivo è cresciuto nella storia, dappertutto nel mondo. Forse - conclude Ratzinger - abbiamo bisogno di separazione per arrivare a tutta la pienezza che il Signore si aspetta» (p. 130).




[1] Joseph Ratzinger, Chiesa, Ecumenismo e Politica. Nuovi saggi di ecclesiologia,  Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1987. Da questa stessa fonte sono tratte le altre citazioni riportate nel testo che indico tra parentesi con il numero della pagina.

            

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