Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

giovedì 28 settembre 2017

FINCHÈ C'È SPERANZA, C'È VITA!



L'ANIMA SPOGLIA DEI «GIOVANI D'AUTUNNO»
Francesco: «L'accidia erode la vita dall'interno fino a lasciarla come un involucro vuoto»

IL VASO DI PANDORA
 di Antonino Legname

Durante la Catechesi del Mercoledì, 27 settembre 2017, in Piazza San Pietro, Papa Francesco ha parlato dei «nemici della speranza».  Il Pontefice ha portato l'esempio - tratto dalla mitologia - del vaso di Pandora: «l’apertura del vaso scatena tante sciagure per la storia del mondo. Pochi, però, ricordano l’ultima parte della storia, che apre uno spiraglio di luce: dopo che tutti i mali sono usciti dalla bocca del vaso, un minuscolo dono sembra prendersi la rivincita davanti a tutto quel male che dilaga. Pandora, la donna che aveva in custodia il vaso, lo scorge per ultimo: i greci la chiamano elpìs, che vuol dire speranza». Non bisogna mai perdere la speranza, che è un dono importante per l'umanità, e - come dice Francesco - «Non è vero che “finché c’è vita c’è speranza”, come si usa dire. Semmai è il contrario, e cioè: finché c'è speranza c'è vita. Il Pontefice spiega che «è la speranza che tiene in piedi la vita, che la protegge, la custodisce e la fa crescere. Se gli uomini non avessero coltivato la speranza, se non si fossero sorretti a questa virtù, non sarebbero mai usciti dalle caverne, e non avrebbero lasciato traccia nella storia del mondo. È quanto di più divino possa esistere nel cuore dell’uomo». Come diceva poeticamente lo scrittore francese Charles Péguy - citato da Francesco - «Dio non si stupisce tanto per la fede degli esseri umani, e nemmeno per la loro carità; ma ciò che veramente lo riempie di meraviglia e commozione è la speranza della gente». La speranza spinge a guardare avanti, a credere che domani andrà meglio. Chi possiede la virtù della speranza, non si perde d'animo, ha fiducia nel futuro, e sa lottare per superare i momenti difficili della vita. Per l'uomo di speranza non esiste la parola impossibile!

E ricordando il dramma dei migranti e dei rifugiati, papa Francesco, ha sottolineato che queste persone partono, lasciando tutto alle spalle, spinti dalla speranza nel cuore di trovare «una vita migliore, più degna per sé e per i propri cari». Ma anche nel cuore di chi accoglie deve esserci questa spinta della speranza, cioè «il desiderio di incontrare, di conoscere, di dialogare», in un certo senso di “condividere il viaggio”, perché - come ha spiegato il Papa -  «il viaggio si fa in due: quelli che vengono nella nostra terra, e noi che andiamo verso il loro cuore, per capirli, per capire la loro cultura, la loro lingua». Sappiamo bene che oggi non è facile entrare in quest'ottica dell'accoglienza e della condivisione della speranza, a causa della paura fomentata dai populismi nazionalistici. Francesco insiste nel dire che ci vuole coraggio per realizzare nel mondo d'oggi globalizzato la «rivoluzione della bontà» in vista di una nuova civiltà dell'amore. E paradossalmente realistico è Francesco quando dice che «a volte aver avuto tutto dalla vita è una sfortuna». Ci sono giovani che non sono stati educati nella virtù della pazienza e non sanno aspettare. Vogliono tutto e subito, possibilmente senza fatica e senza sudore. Quanti giovani d'oggi hanno «bruciato le tappe» e hanno avuto così tanto dalla vita da non desiderare più nulla. «È questa, la peggiore condanna - ha detto Francesco - Chiudere la porta ai desideri, ai sogni. Sembra un giovane, invece è già calato l’autunno sul suo cuore. Sono i giovani d’autunno», che vivono senza entusiasmo, senza sogni, con l'anima vuota. Questo d'animo, che si impadronisce dei giovani d'oggi, porta all'accidia «che erode la vita dall'interno fino a lasciarla come un involucro vuoto»,  come una cipolla, un insieme di strati sovrapposti senza nocciolo. Non dovremmo mai dimenticare che «Dio ci ha creati per la gioia e per la felicità, e non per crogiolarci in pensieri malinconici. Ecco perché è importante custodire il proprio cuore, opponendoci alle tentazioni di infelicità, che sicuramente non provengono da Dio. E laddove le nostre forze apparissero fiacche e la battaglia contro l’angoscia particolarmente dura, possiamo sempre ricorrere al nome di Gesù» e invocarlo con quella preghiera carica di speranza: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio vivo, abbi pietà di me peccatore!”. E Francesco conclude con questa verità: «Se Dio è con noi, nessuno ci ruberà la speranza». 

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