Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

martedì 9 ottobre 2018

«ORA ET LABORA»


«L’INDAFFARATISMO» DEGLI «INDAFFARATISTI»
Papa Francesco: «Contemplazione e servizio: questa è la strada nostra della vita»
 
Opera di Giorgio Vasari: Gesù in casa di Marta e Maria


di Antonino Legname

Papa Francesco di tanto in tanto crea dei neologismi. Nella Meditazione della Messa a Santa Marta, il 9 ottobre 2018, ha coniato le parole «indaffaratismo» e «indaffaratisti» per dire che si può essere cultori della religione dell’attivismo, cioè del fare e del troppo fare, senza trovare il tempo per fermarsi e per entrare nella contemplazione. Ci vuole equilibrio tra la contemplazione e il servizio attivo e pratico. Le qualità di Marta e Maria, sorelle di Lazzaro di Betania – così come vengono descritte nel Vangelo – devono essere coniugate insieme, nella vita del cristiano. Marta è una donna forte e determinata, con i piedi per terra, «capace anche di rimproverare il Signore per non essere stato presente alla morte del fratello Lazzaro». Il suo attivismo la distrae fino al punto da renderla incapace di «perdere il tempo guardando il Signore». A Marta manca la dimensione contemplativa della vita. E da questa donna, il Papa prende lo spunto per dire che ci sono tanti cristiani che si limitano ad andare a Messa la domenica, ma usciti dalla chiesa si immergono a capofitto negli affari della vita: «sono indaffarati, sempre. Non hanno tempo né per i figli, neppure per giocare con i figli». L’attivismo esagerato, o «l’indaffaratismo» - come lo chiama Francesco -  può diventare una specie di religione, un Moloch a cui sacrificare tempo e affetti. Anche i preti e le persone consacrate possono diventare devoti di questo idolo e far parte di quel «gruppo degli “indaffaratisti”». Si dedica tanto tempo alle “attività del Signore” e ci si dimentica del “Signore delle attività”. A volte la troppa occupazione diventa preoccupazione. Occorre fermarsi, per riflettere, per meditare e contemplare alla luce della Parola del Signore. Non è bene far lavorare sempre le mani, per produrre e possedere di più, anche per fare del bene, ma – come consiglia il Papa – bisogna aprire il cuore alla contemplazione. Non si tratta di alienarsi dalla realtà per rifugiarsi nell’intimismo spirituale. La contemplazione non è un «dolce far niente», spiega Francesco, ma è un catalizzatore importante per non disperdersi nell’attivismo e per raccogliere energie e motivazioni per poter lavorare meglio. 
Era questa la regola di San Benedetto «Ora et labora», «Prega e lavora». Neppure le monache di clausura passano tutta la giornata a «guardare il cielo», ma «pregano e lavorano». L’Apostolo Paolo è l’esempio di questa armoniosa unità tra la preghiera e l’apostolato. Egli era innamorato del Signore e faceva tutto con spirito di contemplazione. Dalla contemplazione vera, non astratta, attingeva tutta la forza per annunciare coraggiosamente il Vangelo. Il Pontefice fa un esempio pratico: «É come quando una marito torna a casa dal lavoro e trova sua moglie ad accoglierlo: quella che è veramente innamorata non lo fa accomodare e poi continua a sbrigare le faccende di casa, ma “prende il tempo per stare con lui”». In conclusione: «Contemplazione e servizio: questa è la strada nostra della vita».

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