Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

martedì 5 maggio 2020

LE «ANTIPATIE PREVIE» CHE NON CI FANNO CONOSCERE IL SIGNORE


LA POVERTÀ NON È CATEGORIA 

IDEOLOGICA MA TEOLOGICA

Francesco: «Non dobbiamo cadere nel pauperismo»


Papa Francesco, Meditazione a Santa Marta, 5 maggio 2020 (foto da Vatican.va)

 di Antonino Legname


«Non essere schiavi delle ricchezze, non vivere per le ricchezze, perché le ricchezze sono un signore, sono il signore di questo mondo e non possiamo servire due signori. E le ricchezze ci fermano», ha detto Papa Francesco nella Meditazione della Messa a Santa Marta, il 5 maggio 2020. E a chi fa la domanda: “Ma dobbiamo cadere nel pauperismo?”, il Pontefice risponde «No». Infatti, non è la ricchezza in se stessa che viene condannata da Gesù ma l’attaccamento ad essa che imprigiona il cuore e lo rende schiavo di questo idolo. Nella sua Meditazione, oltre alla ricchezza, Francesco elenca altri impedimenti, o «antipatie previe», che rendono difficile entrare attraverso la «porta» del recinto che è Gesù: la rigidità, l’accidia, il clericalismo e lo spirito mondano. Sono pericoli dai quali Papa Francesco in tante occasioni ha messo in guardia i cristiani e gli uomini di buona volontà. In modo particolare, sulla «rigidità» dei pastori, il Pontefice ha denunciato tante volte il pericolo di formare delle coscienze troppo scrupolose e non libere. Il Papa, a tal proposito racconta di quella signora, molto devota e praticante, che era andata a Messa il Sabato pomeriggio in occasione di un matrimonio e pensava di aver adempiuto il precetto domenicale. Ma poi, tornando a casa si è resa conto che le Letture di quella Messa del Sabato non erano quelle della domenica. E sentì di essere in peccato mortale, perché la domenica non era andata a Messa. Il Papa riferisce che quella signora pensava in buona fede di aver partecipato «a una Messa che non era vera, perché le Letture non erano vere». E commenta: «quella signora apparteneva a un movimento ecclesiale … Questa è la rigidità che toglie la libertà. E tanti pastori fanno crescere questa rigidità nelle anime dei fedeli». Anche l’accidia è una pericolosa patologia, perché «ci toglie la volontà di andare avanti» e ci rende pigri e tiepidi fino al punto di dire: “sì, ma… no, adesso no, no, ma…”. Anche il progresso spirituale viene sempre rimandato. Ma bisogna sapere che per la via di “poi, poi, poi”, si arriva a casa di “mai, mai, mai”. E sulla brutta malattia del clericalismo nella Chiesa, Francesco sottolinea la pericolosità di questa attitudine che «toglie la libertà della fede dei credenti».
Ora desidero soffermare la mia riflessione sul rapporto tra povertà e pauperismo. Tema che ho affrontato nel mio libro, La Teopsia di Francesco (pp. 91-94). Il Vescovo di Roma, in un Videomessaggio del 17 dicembre 2016, ha confidato: “a volte qualcuno mi chiede: «Ma Lei, padre, parla sempre dei poveri e della misericordia». Sì - dico - ma non è una malattia. È semplicemente il modo con cui Dio si è rivelato”. Sappiamo bene che «povertà» è una parola “che sempre mette in imbarazzo. Quante volte, infatti, abbiamo sentito dire: «Ma questo sacerdote parla troppo di povertà, questo vescovo parla di povertà, questo cristiano, questa suora parlano di povertà [...]. Ma sono un po’ comunisti, no? E invece - ha sottolineato il Papa nella Meditazione a Santa Marta il 16 giugno 2015 - la povertà è proprio al centro del Vangelo, tanto che se noi togliessimo la povertà dal Vangelo, non si capirebbe niente del messaggio di Gesù”. Questa è «la teologia della povertà», cioè “il mistero di Cristo che si è abbassato, si è umiliato, si è impoverito per arricchirci”[ibid]. Il Vescovo di Roma ci tiene a fugare ogni equivoco quando dice con chiarezza che “la povertà non è un'ideologia”[ibid.], ma è una categoria teologica centrale nel messaggio del Vangelo. La povertà evangelica non è quella sociologica, ma è quella di Gesù, che metteva al centro del suo annuncio i semplici, i poveri e quelli che soffrono di più. Anche durante l'Angelus del 24 gennaio 2016, Francesco ha ribadito che “i poveri sono al centro del Vangelo” e ha spiegato che “non si tratta solo di fare assistenza sociale, tanto meno attività politica. Si tratta di offrire la forza del Vangelo di Dio, che converte i cuori, risana le ferite, trasforma i rapporti umani e sociali secondo la logica dell'amore” e del servizio. La nostra civiltà sta correndo in maniera accelerata verso il benessere nella convinzione che la felicità possa dipendere dall'accumulo di beni materiali. Ma è evidente che il possesso di tanti beni non è automaticamente fonte di pace e di felicità, anzi può diventare motivo di preoccupazione e di delusione. Francesco vuole dire agli uomini del nostro tempo che la vera gioia e la felicità si trovano nel distacco dalle ricchezze e in una vita gioiosa che sa condividere i beni con i fratelli più poveri, e che solo Dio e il suo amore alla fine riusciranno a colmare il cuore umano. Presentare Papa Francesco come un «rivoluzionario» potrebbe falsare la sua figura e la sua missione. “Io non sono santo - ha detto il Pontefice in un'intervista al quotidiano spagnolo «El País» il 21 gennaio 2017 - Non sto facendo alcuna rivoluzione. Sto cercando di fare andare avanti il Vangelo”. La grande avventura spirituale di Francesco parte da un nucleo molto semplice: l'adesione profonda a Cristo e alla essenzialità del Vangelo. Fin dall'inizio del suo pontificato, papa Bergoglio si è voluto immedesimare nella povertà di Gesù di Nazaret, sognando una Chiesa «povera per i poveri». Egli concepisce la povertà come distacco dai beni temporali - secondo le parole di Gesù: «Non portate né oro né argento» (Lc 9,3). Papa Francesco ha il culto per «Madonna Povertà», non per il semplice «pauperismo» fine a se stesso, né per snobismo e neppure perché disprezza i beni della terra creati da Dio, al contrario, in tutte le cose del creato il Papa vede il riflesso della bellezza e della grandezza di Dio fino al punto da scrivere la bella enciclica Laudato si'. Ma Bergoglio ha scelto di vivere e di seguire Cristo povero. La povertà, infatti, fu lo status permanente di Gesù di Nazaret. 
Ricordiamo che san Francesco d'Assisi aveva sposato «Madonna Povertà» ed era così geloso che provava vergogna quando incontrava uno più povero di lui. Questa è la «pazzia» dei santi! Povertà e umiltà: un binomio inscindibile in Gesù di Nazaret povero ed umile. Nella santità cristiana, al di là dei temperamenti personali e dei diversi contesti sociali e culturali, ci sono delle costanti valide per tutti: lo spirito di rinuncia, la mortificazione del proprio egoismo e delle proprie passioni, l'amore alla croce e l'umile obbedienza alla Chiesa. Sarebbe mortificante ridurre tutto il Vangelo alla povertà e alla carità verso il prossimo qualora mancassero le altre costanti della santità cristiana. A quel punto la povertà si trasformerebbe in «pauperismo» ideologico e idolatrico e la carità in filantropia solidale. Papa Francesco vuole riportare la Chiesa a vivere l'essenzialità del Vangelo alla lettera, «sine glossa». Ovviamente si deve evitare ogni forma di rigorismo esaltato, anche in riferimento alla concezione della povertà. Ogni rigorismo è pericoloso ed ha un rovescio; il rigorismo nella Chiesa porta a dividere i cristiani in «carnali», legati alla legge e in «spirituali», che formano la chiesa dello Spirito. Questo è un rischio che anche nella Chiesa di oggi si deve evitare, specialmente quando si vogliono dividere i cristiani in buoni, i «misericordiosi», e in rigidi, i «legalisti»; oppure, in «ricchi», da condannare e in «poveri», da elogiare. Un rigorismo esaltato nella concezione della povertà potrebbe degenerare in ideologia idolatrica. 
Francesco dice che non bisogna odiare i ricchi, e non bisogna avere rabbia per una persona ricca: “no: questo non è cristiano”, ma chiede di pregare per coloro che “hanno troppo, che non sanno cosa fare con i soldi e vogliono di più”; e di pregare anche “per quei ricchi che non hanno capito che la loro ricchezza non è per loro”; dobbiamo pregare perché non si corrompano e “perché facciano un buon uso della ricchezza”, e la sappiano amministrare per fare del bene; perché “se non la amministrano loro - ha avvertito il Papa - la amministra il diavolo contro di loro”. Francesco non è un «pauperista» ideologizzato e per questo sa apprezzare anche quelle “persone che hanno soldi e sono generose, aiutano, amministrano e conducono una vita austera, una vita semplice, una vita di lavoro”. Il Vescovo di Roma, attraverso la scelta preferenziale degli ultimi si propone di rinnovare la vita della Chiesa, perché anche oggi, come fu per san Francesco, il Signore affida al suo Vicario il compito di «riparare» la sua Chiesa, insidiata dalla tentazione del potere, della gloria umana e della ricchezza. In più occasioni il Vescovo di Roma ha esortato i Pastori della Chiesa ad un salutare distacco dai beni materiali di questo mondo. Non si tratta di spogliarsi di tutto, come hanno saputo fare i Santi, come per esempio san Francesco o il beato Domingo y Sol, il quale diceva che “per soccorrere chi ha bisogno si doveva essere disposti a «vendere la camicia». Io non vi chiederò tanto - dice il Papa - «preti scamiciati», no; ma solo che siate testimoni di Gesù, attraverso la semplicità e l’austerità di vita, per diventare promotori credibili di una vera giustizia sociale”. Lo slancio apostolico di Papa Francesco lo spinge ad aderire a Cristo fino a diventare «cristiforme»: «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). I suoi insegnamenti e il suo esempio sono uno stimolo forte e costante per tutti i cristiani e per gli uomini di buona volontà; sono un richiamo a conformarsi sempre più alle esigenze del Vangelo della gioia e a non cedere alla tentazione del potere e del denaro. Senza mezzi termini, il Vescovo di Roma ha ribadito che “un cristiano che non sia umile e povero, distaccato dalle ricchezze e dal potere e soprattutto distaccato da sé, non assomiglia a Gesù”. La Chiesa si riforma, riformando se stessi, seguendo Cristo nella povertà, nell'umiltà, nell'amore alla Croce, nell'obbedienza filiale alla Chiesa, nostra Madre. Chi contesta la Chiesa senza avere carità non offre un servizio; chi ha la presunzione di essere migliore degli altri e di essere l'autentico interprete del Vangelo non fa altro che distruggere e dividere. Per evitare equivoci ideologici sulla povertà, è bene ribadire che Papa Francesco non esalta la povertà in quanto tale; «è una croce» - ha detto - che Gesù stesso ha vissuto, conducendo una vita da povero. “Non avere il necessario è una brutta croce” - ha rimarcato. E ricordando le parole di Gesù sul pericolo delle ricchezze, il Vescovo di Roma avverte: “State attenti, però, perché c’è un altro tesoro: le ricchezze, le troppe ricchezze. E queste rovinano l’anima”, proprio perché - come ha detto in tante altre occasioni - «il diavolo entra dalle tasche, sempre: corrompe».



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