LA POVERTÀ
NON È CATEGORIA
IDEOLOGICA MA TEOLOGICA
Francesco:
«Non dobbiamo cadere nel pauperismo»
Papa Francesco, Meditazione a Santa Marta, 5 maggio 2020 (foto da Vatican.va) |
di Antonino Legname
«Non essere schiavi delle ricchezze, non
vivere per le ricchezze, perché le ricchezze sono un signore, sono il signore
di questo mondo e non possiamo servire due signori. E le ricchezze ci fermano»,
ha detto Papa Francesco nella Meditazione della Messa a Santa Marta, il 5
maggio 2020. E a chi fa la domanda: “Ma dobbiamo cadere nel pauperismo?”, il
Pontefice risponde «No». Infatti, non
è la ricchezza in se stessa che viene condannata da Gesù ma l’attaccamento ad
essa che imprigiona il cuore e lo rende schiavo di questo idolo. Nella sua
Meditazione, oltre alla ricchezza, Francesco elenca altri impedimenti, o
«antipatie previe», che rendono difficile entrare attraverso la «porta» del
recinto che è Gesù: la rigidità, l’accidia, il clericalismo e lo spirito
mondano. Sono pericoli dai quali Papa Francesco in tante occasioni ha messo in
guardia i cristiani e gli uomini di buona volontà. In modo particolare, sulla
«rigidità» dei pastori, il Pontefice ha denunciato tante volte il pericolo di
formare delle coscienze troppo scrupolose e non libere. Il Papa, a tal proposito
racconta di quella signora, molto devota e praticante, che era andata a Messa
il Sabato pomeriggio in occasione di un matrimonio e pensava di aver adempiuto
il precetto domenicale. Ma poi, tornando a casa si è resa conto che le Letture
di quella Messa del Sabato non erano quelle della domenica. E sentì di essere
in peccato mortale, perché la domenica non era andata a Messa. Il Papa
riferisce che quella signora pensava in buona fede di aver partecipato «a una
Messa che non era vera, perché le Letture non erano vere». E
commenta: «quella signora apparteneva a un movimento ecclesiale … Questa è la rigidità
che toglie la libertà. E tanti pastori fanno crescere questa rigidità nelle
anime dei fedeli». Anche l’accidia è una pericolosa patologia, perché «ci
toglie la volontà di andare avanti» e ci rende pigri e tiepidi fino al punto di
dire: “sì, ma… no, adesso no, no, ma…”. Anche il progresso spirituale viene
sempre rimandato. Ma bisogna sapere che per la via di “poi, poi, poi”, si
arriva a casa di “mai, mai, mai”. E sulla brutta malattia del clericalismo
nella Chiesa, Francesco sottolinea la pericolosità di questa attitudine che
«toglie la libertà della fede dei credenti».
Ora desidero soffermare la mia riflessione
sul rapporto tra povertà e pauperismo. Tema che ho affrontato nel mio libro, La Teopsia di Francesco (pp. 91-94). Il Vescovo di
Roma, in un Videomessaggio del 17 dicembre 2016, ha confidato: “a volte qualcuno mi chiede: «Ma Lei, padre, parla sempre dei
poveri e della misericordia». Sì - dico - ma non è una malattia. È
semplicemente il modo con cui Dio si è rivelato”.
Sappiamo bene che «povertà» è una parola “che sempre mette in imbarazzo. Quante
volte, infatti, abbiamo sentito dire: «Ma questo sacerdote parla troppo di
povertà, questo vescovo parla di povertà, questo cristiano, questa suora
parlano di povertà [...]. Ma sono un po’ comunisti, no? E invece - ha
sottolineato il Papa nella Meditazione a Santa Marta il 16 giugno 2015 - la povertà è proprio al centro del Vangelo, tanto che se
noi togliessimo la povertà dal Vangelo, non si capirebbe niente del messaggio
di Gesù”.
Questa è «la teologia della povertà»,
cioè “il mistero di Cristo che si è abbassato, si è umiliato, si è impoverito
per arricchirci”[ibid]. Il Vescovo di Roma ci
tiene a fugare ogni equivoco quando dice con chiarezza che “la povertà non è
un'ideologia”[ibid.], ma è una categoria
teologica centrale nel messaggio del Vangelo. La povertà evangelica non è
quella sociologica, ma è quella di Gesù, che metteva al centro del suo annuncio
i semplici, i poveri e quelli che soffrono di più.
Anche durante l'Angelus del 24
gennaio 2016, Francesco ha ribadito che “i poveri sono al centro del Vangelo” e
ha spiegato che “non si tratta solo di fare assistenza sociale, tanto meno
attività politica. Si tratta di offrire la forza del Vangelo di Dio, che
converte i cuori, risana le ferite, trasforma i rapporti umani e sociali
secondo la logica dell'amore” e del servizio. La nostra civiltà sta correndo in
maniera accelerata verso il benessere nella convinzione che la felicità possa
dipendere dall'accumulo di beni materiali. Ma è evidente che il possesso di
tanti beni non è automaticamente fonte di pace e di felicità, anzi può
diventare motivo di preoccupazione e di delusione. Francesco vuole dire agli
uomini del nostro tempo che la vera gioia e la felicità si trovano nel distacco
dalle ricchezze e in una vita gioiosa che sa condividere i beni con i fratelli
più poveri, e che solo Dio e il suo amore alla fine riusciranno a colmare il
cuore umano. Presentare Papa Francesco come un «rivoluzionario» potrebbe
falsare la sua figura e la sua missione. “Io non sono santo - ha detto il
Pontefice in un'intervista al quotidiano spagnolo «El País» il 21 gennaio 2017 -
Non sto facendo alcuna rivoluzione. Sto cercando di fare andare avanti il
Vangelo”. La grande avventura spirituale di Francesco parte da un nucleo molto
semplice: l'adesione profonda a Cristo e alla essenzialità del Vangelo. Fin
dall'inizio del suo pontificato, papa Bergoglio si è voluto immedesimare nella
povertà di Gesù di Nazaret, sognando una Chiesa «povera per i poveri». Egli
concepisce la povertà come distacco dai beni temporali - secondo le parole di
Gesù: «Non portate né oro né argento» (Lc
9,3). Papa Francesco ha il culto per «Madonna Povertà», non per il semplice
«pauperismo» fine a se stesso, né per snobismo e neppure perché disprezza i
beni della terra creati da Dio, al contrario, in tutte le cose del creato il
Papa vede il riflesso della bellezza e della grandezza di Dio fino al punto da
scrivere la bella enciclica Laudato si'.
Ma Bergoglio ha scelto di vivere e di seguire Cristo povero. La povertà,
infatti, fu lo status permanente di
Gesù di Nazaret.
Ricordiamo che san Francesco d'Assisi aveva sposato «Madonna
Povertà» ed era così geloso che provava vergogna quando incontrava uno più
povero di lui. Questa è la «pazzia» dei santi! Povertà e umiltà: un binomio
inscindibile in Gesù di Nazaret povero ed umile. Nella santità cristiana, al di
là dei temperamenti personali e dei diversi contesti sociali e culturali, ci
sono delle costanti valide per tutti: lo spirito di rinuncia, la mortificazione
del proprio egoismo e delle proprie passioni, l'amore alla croce e l'umile
obbedienza alla Chiesa. Sarebbe mortificante ridurre tutto il Vangelo alla
povertà e alla carità verso il prossimo qualora mancassero le altre costanti
della santità cristiana. A quel punto la povertà si trasformerebbe in «pauperismo»
ideologico e idolatrico e la carità in filantropia solidale. Papa Francesco vuole
riportare la Chiesa a vivere l'essenzialità del Vangelo alla lettera, «sine
glossa». Ovviamente si deve evitare ogni forma di rigorismo esaltato, anche in
riferimento alla concezione della povertà. Ogni rigorismo è pericoloso ed ha un
rovescio; il rigorismo nella Chiesa porta a dividere i cristiani in «carnali»,
legati alla legge e in «spirituali», che formano la chiesa dello Spirito.
Questo è un rischio che anche nella Chiesa di oggi si deve evitare,
specialmente quando si vogliono dividere i cristiani in buoni, i
«misericordiosi», e in rigidi, i «legalisti»; oppure, in «ricchi», da
condannare e in «poveri», da elogiare. Un rigorismo esaltato nella concezione
della povertà potrebbe degenerare in ideologia idolatrica.
Francesco dice che
non bisogna odiare i ricchi, e non bisogna avere rabbia per una persona ricca:
“no: questo non è cristiano”, ma
chiede di pregare per coloro che “hanno troppo, che non sanno cosa fare con i
soldi e vogliono di più”; e
di pregare anche “per quei ricchi che non hanno capito che la loro ricchezza
non è per loro”; dobbiamo pregare perché
non si corrompano e “perché facciano un buon uso della ricchezza”, e la
sappiano amministrare per fare del bene; perché “se non la amministrano loro -
ha avvertito il Papa - la amministra il diavolo contro di loro”. Francesco
non è un «pauperista» ideologizzato e per questo sa apprezzare anche quelle
“persone che hanno soldi e sono generose, aiutano, amministrano e conducono una
vita austera, una vita semplice, una vita di lavoro”. Il
Vescovo di Roma, attraverso la scelta preferenziale degli ultimi si propone di
rinnovare la vita della Chiesa, perché anche oggi, come fu per san Francesco,
il Signore affida al suo Vicario il compito di «riparare» la sua Chiesa,
insidiata dalla tentazione del potere, della gloria umana e della ricchezza. In
più occasioni il Vescovo di Roma ha esortato i Pastori della Chiesa ad un
salutare distacco dai beni materiali di questo mondo. Non si tratta di
spogliarsi di tutto, come hanno saputo fare i Santi, come per esempio san
Francesco o il beato Domingo y Sol, il quale diceva che “per soccorrere chi ha
bisogno si doveva essere disposti a «vendere la camicia». Io non vi chiederò
tanto - dice il Papa - «preti scamiciati», no; ma solo che siate testimoni di
Gesù, attraverso la semplicità e l’austerità di vita, per diventare promotori
credibili di una vera giustizia sociale”. Lo
slancio apostolico di Papa Francesco lo spinge ad aderire a Cristo fino a
diventare «cristiforme»: «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). I suoi insegnamenti e il suo
esempio sono uno stimolo forte e costante per tutti i cristiani e per gli
uomini di buona volontà; sono un richiamo a conformarsi sempre più alle
esigenze del Vangelo della gioia e a non cedere alla tentazione del potere e
del denaro. Senza mezzi termini, il Vescovo di Roma ha ribadito che “un
cristiano che non sia umile e povero, distaccato dalle ricchezze e dal potere e
soprattutto distaccato da sé, non assomiglia a Gesù”. La
Chiesa si riforma, riformando se stessi, seguendo Cristo nella povertà,
nell'umiltà, nell'amore alla Croce, nell'obbedienza filiale alla Chiesa, nostra
Madre. Chi contesta la Chiesa senza avere carità non offre un servizio; chi ha
la presunzione di essere migliore degli altri e di essere l'autentico
interprete del Vangelo non fa altro che distruggere e dividere. Per evitare
equivoci ideologici sulla povertà, è bene ribadire che Papa Francesco non
esalta la povertà in quanto tale; «è una croce» - ha detto - che Gesù stesso ha
vissuto, conducendo una vita da povero. “Non avere il necessario è una brutta
croce” - ha
rimarcato. E ricordando le parole di Gesù sul pericolo delle ricchezze, il
Vescovo di Roma avverte: “State attenti, però, perché c’è un altro tesoro: le
ricchezze, le troppe ricchezze. E queste rovinano l’anima”,
proprio perché - come ha detto in tante altre occasioni - «il
diavolo entra dalle tasche, sempre: corrompe».