LA FORZA DEL SILENZIO IN TEMPO DI PANDEMIA
Per esercitarsi nell'arte dell'ascolto
Per esercitarsi nell'arte dell'ascolto
di Antonino Legname
Nella Meditazione della Messa di questa mattina,
21 aprile 2020, a
Santa Marta, Papa Francesco ci ha offerto lo spunto per riflettere sul valore
del silenzio: «In questo tempo c’è
tanto silenzio. Si può anche sentire il silenzio. Che questo silenzio, che è un
po’ nuovo nelle nostre abitudini, ci insegni ad ascoltare, ci faccia crescere
nella capacità di ascolto». Tanti anni fa uscì un libro di fratel Carlo
Carretto dal titolo «Il deserto nella città». L’autore intendeva parlare di un
deserto ideale, nel senso di voler costruire nel cuore delle nostre città e
delle nostre case il corridoio di un ideale convento dove potersi raccogliere
in silenzio per ritrovare se stessi e dove poter stabilire un rapporto con Dio
attraverso l’ascolto e la preghiera. Oggi, a causa della pandemia da Covid-19,
le nostre città si sono realmente trasformate in deserto e le nostre strade in
reali corridoi di un ideale convento. In una società frenetica come la nostra, che ci
ha abituati a vivere in mezzo al rumore continuo e assordante, è diventato
veramente difficile fare silenzio per «sentire il silenzio». Solo quando l’uomo
tace Dio parla attraverso lo Spirito Santo che è la vera fonte dell’armonia: ««Lo
Spirito Santo è maestro di armonia» - ha detto Francesco – ed è Lui che ci
insegna a fare armonia in noi stessi e con gli altri. La prima comunità
cristiana, che ci viene presentata dagli Atti degli Apostoli, è il modello
«ideale», «quasi celeste» di comunità, dove tutti vivono in armonia attorno ai
quattro cardini della vita cristiana: l’insegnamento degli Apostoli, la
frazione del Pane, la preghiera e la comunione fraterna: “avevano un cuore solo
e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva,
ma fra loro tutto era comune, e nessuno era bisognoso”. Lo Spirito Santo -
afferma Francesco - è capace di fare queste meraviglie. Purtroppo, l’uomo ha la
libertà di opporsi all’azione dello Spirito e allora nascono i problemi e le
discordie all’interno della comunità. E anche nelle prime comunità cristiane ci
furono litigi e divisioni. Da che cosa sono provocate le divisioni nella
comunità «parrocchiale o diocesana o
presbiterale o di religiosi o religiose»? Senza mezzi termini, Papa
Francesco dice che sono tre le cause principali che provocano i problemi e le divisioni
nelle comunità cristiane: i soldi, la vanità e il chiacchiericcio. Non c’è
dubbio che «i soldi dividono, l’amore dei soldi divide la comunità, divide la
Chiesa». San Paolo nella Prima Lettera a Timoteo (6,10) lo scrive
chiaramente: «L'attaccamento al denaro è la radice di tutti i
mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono
da se stessi tormentati con molti dolori». Nella Storia della Chiesa – ci ricorda Francesco - dietro tante
deviazioni dottrinali ci sono i soldi, gli interessi personali e la sete di
potere. I soldi hanno la forza di dividere anche gli affetti più cari: «quante famiglie sono finite divise per
un’eredità? Quante famiglie? E non si parlano più!». Quante amicizie distrutte
per questioni di soldi! Quanti tradimenti e abbandoni si sono consumati a causa
di questo pericoloso e insidioso idolo che è il denaro! Questa è la triste
realtà! Invece, è lo spirito di povertà che ci porta a distaccare il cuore dai
beni materiali; dice il Papa «questo è il muro che custodisce la comunità».
L’altro elemento che porta divisione nella comunità è la vanità, cioè «quella
voglia di sentirsi migliore degli altri. “Ti ringrazio, Signore, perché io non
sono come gli altri”, la preghiera del fariseo». Tante volte Francesco ha
parlato della pericolosa vanità del «pavone» che crea disparità tra le persone
e crea divisione. Per esempio, anche nella celebrazione dei sacramenti è sempre
in agguato il rischio di fare sfoggio di vestiti per apparire migliori o
diversi dagli altri. Potremmo dire con il Libro del Qoèlet (1,2): «vanità delle
vanità, tutto è vanità». E la terza causa di divisione nella comunità è il
«chiacchiericcio». Tantissime volte Papa Francesco ha messo in guardia da
questo insidioso virus delle chiacchiere, dello sparlare, del calunniare
il prossimo. Questa è la cruda e dolorosa realtà di tante comunità “cristiane”.
Dice il Papa: «il diavolo mette in noi, come un bisogno di sparlare degli
altri. “Ma che buona persona è quella …” – “Sì, sì, ma …”: subito il “ma”:
quello è una pietra per squalificare l’altro e subito qualche cosa che ho
sentito la dico e così l’altro lo abbasso un po’». Che brutta abitudine
è quella di colpire alle spalle chi non può difendersi. Purtroppo, le
chiacchiere a volte sono una semente di zizzania che attecchisce anche nel
cuore di chi ascolta, perché rimane il dubbio, il sospetto: “sarà vero oppure sono
solo chiacchiere dettate dall’invidia e dalla gelosia?». Mi ha particolarmente
colpito quello che insegnava il Padre del deserto, Sant’Arsenio: “tante volte
mi sono pentito di aver parlato, mai di aver taciuto». Ed è sempre valido
l’assioma: «quando devi parlare di qualcuno agli altri in sua assenza, o ne
parli in bene o non ne parli affatto!».