Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

sabato 23 giugno 2018

FRANCESCO, IL PAPA «CALLEJERO»


IL FUTURO DELLA CHIESA È “SULLA STRADA”

Papa Francesco: «Senza l'incontro con il Popolo di Dio, la teologia può diventare ideologia»


di Antonino Legname

Intervistato di recente da Philip Pullella, giornalista dell’agenzia di stampa Reuters, Papa Francesco ha detto che «il futuro della Chiesa è "sulla strada"». Che cosa significa? Nel mio ultimo libro in due volumi, «La Teopsia di Francesco», ho dedicato un capitolo alla “teologia di strada”, che potrebbe aiutarci a capire meglio il significato e la prospettiva ecclesiologica delle parole del Pontefice.

“Gesù sempre è stato un uomo di strada”. I Vangeli, anche se con sfumature diverse, ci presentano lo stile di Gesù di Nazaret: «sempre in cammino», in mezzo alla gente; “la maggior parte del tempo lo passava per la strada. Questo vuol dire vicinanza alla gente, vicinanza ai problemi. Non si nascondeva”. E quando non era in strada, Gesù si raccoglieva in preghiera. Nell'intervista alla testata spagnola «El País», il 21 gennaio 2017, Papa Francesco ha detto che vuole continuare ad essere «callejero», nel senso che quando può gli piace, durante le udienze o i viaggi, uscire per la strada a salutare la gente: “Non posso fare tutto quello che voglio, ma lo spirito «callejero» c'è”. In un Tweet lanciato il 1° ottobre 2016, Francesco ha scritto: “Dio non si conosce con pensieri alti e tanto studio, ma con la piccolezza di un cuore umile e fiducioso”. Il Vescovo di Roma non vuole creare una nuova teologia, ma sta cercando di fare teologia in modo nuovo per approdare alla Teopsia, cioè alla «visione di Dio», attraverso la contemplazione del Volto incarnato e misericordioso di Gesù di Nazaret, che si rende visibile nel volto dei fratelli più «piccoli». Quella di Papa Francesco è una teologia «nuova» nei modi, nei mezzi e nel linguaggio: la sua non è una teologia astratta, elaborata nei laboratori di scienze religiose, ma concreta, in un certo senso una «teologia callejera», fatta nella strada e per la strada, cioè per la gente; una teologia che non usa solamente lo strumento della ragione, ma soprattutto mette in atto le virtù umane e tra queste, quelle della tenerezza e dell'umiltà; una teologia che non ha come fine di dimostrare apologeticamente l'esistenza di Dio, ma di mostrare il volto amorevole di Dio attraverso gli occhi misericordiosi di Gesù di Nazaret. Si tratta di una «teologia mistica incarnata nella storia» e che si fa storia “partendo dalla periferia, partendo da coloro che sono più lontani”. Ai teologi il Papa ha detto che è importante domandarsi: “a chi stiamo pensando quando facciamo teologia? Quali persone abbiamo davanti? Senza questo incontro con la famiglia, con il Popolo di Dio, la teologia corre il grande rischio di diventare ideologia”. Egli ricorda che “Gesù non è venuto ad insegnare una filosofia, un’ideologia … ma una «via», una strada da percorrere con Lui”.
Non si può annunciare Gesù Cristo senza mettersi in movimento, come faceva Paolo, l'Apostolo delle genti, il quale non resta “seduto davanti alla sua scrivania: no. Lui sempre, sempre è in moto. Sempre portando avanti l’annuncio di Gesù Cristo”. In diverse occasioni, Francesco ha detto che il compito dei Pastori della Chiesa è di uscire dal tempio per andare tra la gente. Se non si sta in mezzo alle gente e non si ascolta la vita della gente come si fa ad annunciare il Vangelo? Francesco evidenzia un pericolo: “quanto più ti allontani dalla gente e dai problemi della gente, tanto più ti rifugi in una teologia inquadrata del «si deve e non si deve», che non comunica nulla, che è vuota, astratta […]. A volte con le nostre parole rispondiamo a domande che nessuno si pone”. Commemorando a Bozzolo la bella figura di pastore di don Primo Mazzolari, Papa Francesco ribadisce che il pastore deve essere capace di mettersi davanti al popolo per indicare la strada, altre volte starà semplicemente in mezzo come segno di vicinanza, e in alcune circostanze camminerà dietro al popolo per incoraggiare chi è rimasto indietro.  E don Primo scriveva: «Dove vedo che il popolo slitta verso discese pericolose, mi metto dietro; dove occorre salire, m’attacco davanti. Molti non capiscono che è la stessa carità che mi muove nell’uno e nell’altro caso e che nessuno la può far meglio di un prete»”. Il Papa esorta a non fare della fede una “teoria astratta dove i dubbi si moltiplicano. Facciamo piuttosto della fede la nostra vita. Cerchiamo di praticarla nel servizio ai fratelli, specialmente dei più bisognosi”. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che “la nostra fede non è una dottrina astratta o una filosofia, ma è la relazione vitale e piena con una persona: Gesù Cristo”. Questa intima adesione a Cristo è stata l'esperienza dei santi Fondatori di Ordini e di Congregazioni religiose. In occasione del Giubileo della Vita Consacrata il Papa ha evidenziato che, purtroppo, è forte il rischio, anche nelle Comunità religiose, di “cristallizzare i carismi in una dottrina astratta: i carismi dei fondatori - ha detto - non sono da sigillare in bottiglia, non sono pezzi da museo”. Il Vescovo di Roma sottolinea il legame intimo tra Cristo e la Chiesa: “Nessuna manifestazione di Cristo, neanche la più mistica, può mai essere staccata dalla carne e dal sangue della Chiesa, dalla concretezza storica del Corpo di Cristo. Senza la Chiesa, Gesù Cristo finisce per ridursi a un’idea, a una morale, a un sentimento. Senza la Chiesa, il nostro rapporto con Cristo sarebbe in balia della nostra immaginazione, delle nostre interpretazioni, dei nostri umori”. Papa Francesco ha detto che “la Chiesa è il Vangelo, è l'opera di Gesù Cristo. Non è un cammino di idee, uno strumento per affermarle. E nella Chiesa le cose entrano nel tempo, quando il tempo è maturo, quando si soffre”. La Chiesa, popolo di Dio, ha nel mondo la missione di “comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio”. 
Non possiamo dimenticare che il Popolo di Dio, costituito da tutti i battezzati,  «dai Vescovi fino agli ultimi Fedeli laici», è «infallibile nel credere» e, possiede un “proprio «fiuto» per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa”. Dobbiamo convincerci che “il sensus fidei del santo popolo fedele di Dio, mai, nella sua unità, mai sbaglia”. Questo sensus fidei del popolo credente è un vero e proprio «luogo teologico». Papa Francesco spiega con convinzione che la parola «popolo» non è una categoria logica, ma è una categoria mistica,  ma non nel senso di «angelicata», come se tutto quello che fa il popolo fosse buono; e allora per evitare equivoci, Francesco preferisce identificare la parola «popolo» con la categoria «mitica» e storica. “Il popolo si fa in un processo, con l’impegno in vista di un obiettivo o un progetto comune. La storia è costruita da questo processo di generazioni che si succedono dentro un popolo. Ci vuole un mito per capire il popolo”. E allora, occorre ascoltare di più la saggezza del Popolo di Dio, imparando a valorizzare la pietà popolare della nostra gente che possiede la capacità di comprendere il Vangelo; questo è il sensus fidei fidelium, cioè il carisma di ogni cristiano di accedere e di arricchire il deposito della fede. Ai Vescovi italiani, il Papa ha ricordato che “il pastore è convertito e confermato dalla fede semplice del popolo santo di Dio, con il quale opera e nel cui cuore vive. Questa appartenenza è il sale della vita del presbitero; fa sì che il suo tratto distintivo sia la comunione, vissuta con i laici in rapporti che sanno valorizzare la partecipazione di ciascuno”. Pertanto, tutti gli organismi di comunione e di partecipazione nella Chiesa devono rimanere connessi col «basso», cioè devono partire dalla gente, dai problemi di ogni giorno. Francesco ha esortato i Vescovi del Messico a “curare specialmente la formazione e la preparazione dei laici, superando ogni forma di clericalismo e coinvolgendoli attivamente nella missione della Chiesa”. Non si tratta di una benevola «delega» che la gerarchia concede ai laici ma di una naturale partecipazione di tutto il Popolo di Dio alla missione salvifica della Chiesa. E anche sul ruolo delle donne nella Chiesa, Francesco ha detto con parole chiare: “per favore, non possono essere ridotte a serve del nostro recalcitrante clericalismo; esse sono, invece, protagoniste nella Chiesa”.



[Dal libro di Antonino Legname, La Teopsia di      Francesco. Tra scienza e fede, il nuovo umanesimo   cristiano,integrale, popolare, solidale, inclusivo e gioioso, Le Nove Muse, Catania 2017, vol. I, pp. 118-121].   



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