Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

lunedì 18 giugno 2018

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DI S.E. MONS. CORRADO LOREFICE AL 1° CORSO DI AGGIORNAMENTO PER GLI OPERATORI DEL DIRITTO CANONICO NEI TRIBUNALI ECCLESIASTICI (ENNA - 15 GIUGNO 2018)


ALCUNI ASPETTI DEL "MUNUS" GIUDIZIARIO NEI TRIBUNALI ECCLESIASTICI PER LE CAUSE DI NULLITA' MATRIMOMIALE




Con gioia prendo parte a questo Corso di aggiornamento per gli Operatori del Tribunale Ecclesiastico Siculo. Saluto cordialmente e con affetto tutti i Ministri e gli Operatori del Tribunale Interdiocesano e dei Tribunali Diocesani della Sicilia. Vi sono molto grato per la costante e operosa collaborazione che prestate a noi Vescovi nell’assolvere, con qualificata professionalità e dedizione, al munus giudiziario. Un sentito ringraziamento ai Relatori per aver accettato con generosa prontezza l’invito a partecipare a questo Corso di aggiornamento; grazie per il dono della vostra competenza, esperienza e professionalità.
Oltre al piacere di incontrarVi con fraterna cordialità, desidero offrirVi alcune essenziali riflessioni su qualche aspetto della potestà giudiziaria nella Chiesa, che è anzitutto servizio di carità. È un concetto che già ho espresso all’inizio dell’attività del Tribunale Interdiocesano Siculo (30 novembre 2017). Mi piace citare l’esortazione di San Bernardo di Chiaravalle a Papa Eugenio III e ripresa da Paolo VI nel Discorso alla Sacra Romana Rota del 27 gennaio 1969: “Il tuo cuore è come una fontana pubblica, dove tutti hanno diritto di bere” [De cons., I, V]; e tale, carissimi, deve essere anche il Vostro servizio verso tutti coloro che si rivolgono ai nostri Tribunali per avere giustizia. Il Vostro è un servizio pastorale di verità, di giustizia, di umano discernimento e di cristiana prudenza. Pertanto, il primo sentimento, dopo quello della profonda gratitudine a Dio, è di vivo compiacimento per il Vostro delicato lavoro, portato avanti con diligente impegno e con retta professionalità.
In questa società post-secolarizzata, è sotto gli occhi di tutti il mancato ascolto della coscienza morale; la coscienza esiste ancora, non è vero che non c’è coscienza, forse non si ascolta; ma la coscienza non si spegne, perché altrimenti si spegnerebbe l’identità stessa della persona. Da qui si spiega l’atteggiamento superficiale e a volte anche sfrontato nei confronti del matrimonio cristiano, sacramento dell’amore che lega Cristo alla sua Chiesa, sua Sposa, fino all’effusione del sangue. La gioia inesauribile del matrimonio, nell’ottica della fede, dipende molto dalla libera cooperazione dei coniugi con la grazia di Dio, dalla loro risposta al Suo disegno d’amore. È quanto mai urgente promuovere e intensificare tutte quelle iniziative di pastorale familiare, per offrire ai fidanzati e ai giovani sposi la necessaria formazione umana e spirituale per la pienezza santificante dell’amore e per la stabilità della famiglia. Le parole di papa Francesco alla Rota Romana, il 22 gennaio 2016, sollecitano l’impegno della Chiesa ad un rinnovato senso di responsabilità per continuare «a proporre il matrimonio, nei suoi elementi essenziali – prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità, sacramentalità – non come un ideale per pochi, nonostante i moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio, ma come una realtà che, nella grazia di Cristo, può essere vissuta da tutti i fedeli battezzati. E perciò, a maggior ragione, l’urgenza pastorale, che coinvolge tutte le strutture della Chiesa, spinge a convergere verso un comune intento ordinato alla preparazione adeguata al matrimonio, in una sorta di nuovo catecumenato – sottolineo questo: in una sorta di nuovo catecumenato». Purtroppo, assistiamo, quasi impotenti, al disfacimento di tante famiglie. Tanti matrimoni naufragano, anche dopo pochi anni di vita coniugale, e a volte dopo pochi mesi. È un dato di fatto l’aumento dei casi di matrimoni celebrati con superficialità, immaturità o incapacità ad assumere gli impegni del matrimonio per problemi di natura psichica o psichiatrica. A tal proposito, è prezioso e in un certo senso indispensabile, per la trattazione delle cause di nullità di matrimonio che riguardano le limitazioni previste dal can. 1095, l’aiuto di esperti in tali discipline umane. Nella tavola rotonda, che si è svolta ieri pomeriggio, so che avete affrontato con arguzia, approfondito e dibattuto alcuni argomenti attinenti al tema. I Periti sono chiamati ad intervenire nel processo, secondo la propria specifica competenza, per offrire al Giudice, al Difensore del Vincolo e al Patrono delle parti, elementi di valutazione sulla natura e il grado dei problemi psichici che hanno inficiato il consenso matrimoniale e la capacità della persona ad assumere gli obblighi del matrimonio. Se i periti, psichiatri o psicologi, hanno una visione antropologica cristiana, sarà più facile il dialogo costruttivo con il Giudice ecclesiastico, il quale non si lascerà suggestionare da quelle argomentazioni che, invece, provengono da prospettive antropologiche divergenti con la Rivelazione biblica. In ogni caso, la valutazione ultima sulla nullità o meno del matrimonio spetta unicamente al Giudice, il quale non si dovrà sentire vincolato da eventuali giudizi espressi dal Perito. Sono venuto a sapere che oggi, con molta facilità, si invoca il can. 1095, specialmente i numeri 2 e 3: «sono incapaci a contrarre matrimonio: 2° coloro che difettano gravemente di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare e accettare reciprocamente; 3° coloro che per cause di natura psichica, non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio». Ritengo che non basti individuare lievi psicopatologie o piccole deficienze di ordine morale, per avviare un procedimento canonico di nullità, cercando di provare in tutti i modi, e a volte con forzature esagerate, la mancanza di discrezione di giudizio o l’incapacità della parte o delle parti ad assumere gli obblighi essenziali della vita coniugale. Mi sembra utile evidenziare la distinzione tra «difficoltà» e «incapacità» a prestare il consenso matrimoniale. È l’«incapacità», a realizzare una vera comunità di vita e di amore, che rende nullo un matrimonio [Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 5 febbraio 1987].

Al nostro Foro ecclesiastico arrivano le richieste più diversificate per la verifica della nullità del matrimonio e voi, Ministri del Tribunale, - che bello questo termine “Ministri” con tutto quello che significa e che porta con sé questa parola! - siete coloro che dovete dirigere ogni vostra fatica ad accertare, con competenza giuridica e antropologica, la verità sulla validità o meno del matrimonio e a ristabilire la giustizia, tutelando la coscienza delle persone. Siete chiamati a svolgere la Vostra funzione con un grande senso di umiltà, con senso del dovere e della responsabilità, con discrezione e con la necessaria misericordia, pur nella doverosa applicazione imparziale della legge canonica e del responsabile discernimento dei casi concreti. Non dovete mai dimenticare che dietro le carte ci sono le persone che patiscono per il loro matrimonio naufragato. Permettetemi di dire che, quello che maggiormente deve emergere nella Vostra missione, è la caritas christiana, che valorizza ancor di più e rende più proficua l’aequitas dei giudizi. Nella vostra azione di Ministri del Tribunale non deve mai mancare il tratto pastorale, lo spirito di carità e di comprensione verso le persone che soffrono per il fallimento della loro vita coniugale. Per stabilire questo stile pastorale occorre evitare il giuridicismo, cioè la legge per la legge. La legge e il giudizio sono sempre a servizio della verità, della giustizia e della virtù evangelica della carità. Questo significa che il ministero del Giudice ecclesiastico e degli altri Ministri del Tribunale è essenzialmente pastorale perché finalizzato ad aiutare i membri del Popolo di Dio, segnati dalla fragilità umana. Non penso di esagerare nel dire che il Giudice ecclesiastico, nell’ambito della giustizia della Chiesa, è il buon Pastore che ha il carisma di consolare chi soffre per il matrimonio fallito, di riconoscere i diritti di chi è stato vittima, oppure calunniato e ingiustamente umiliato. In altre parole, l’autorità giudiziaria nella Chiesa è un’autorità di servizio, che consiste nell’esercizio del munus affidato da Cristo alla sua Chiesa per il bene delle anime, per la salus animarum, che è la legge suprema della Chiesa.
Vorrei richiamare, inoltre, la Vostra attenzione su eventuali pericoli che possono inquinare  e insidiare il servizio che svolgete in nome della Chiesa: nella vostra azione giudiziale mai deve esserci la minima ombra di ingiustizia o di parzialità. Purtroppo, siamo ben consapevoli che nell’amministrazione della giustizia a volte si possono verificare delle ingiustizie, che sono assai nocive alla vita e al buon nome del Tribunale. Per esempio, già durante la preparazione del processo, quando vengono presentate cause di nullità matrimoniale alterate nella loro realtà giuridica, con motivazioni infondate, con prove costruite o inconcludenti, con testimoni subornati, o peggio con documenti contraffatti o manipolati. Non sarà mai troppa la prudenza, di voi Giudici e Difensori del Vincolo, specialmente nella delicata fase istruttoria, per evitare con accortezza ogni forma di ingiustizia e di alterazione della verità processuale. Bisogna avere il coraggio di ricordare alle Parti in causa e anche ai Testimoni che non si può ingannare il Giudice divino, mistificando la verità oggettiva, inerente alla realtà dei fatti. Pertanto, vi esorto ad evitare due rischi: da una parte il lassismo giuridico, che può illudere le parti, facendo sostenere spese inutili e provocando danni anche a livello psicologico e spirituale; e dall’altra, l’eccessivo rigorismo, che può portare ad una mancanza di fiducia nei confronti dei ricorrenti, col pericolo di ostacolare il procedimento canonico e di impedire la soluzione di situazioni dolorose. 
So – e di questo Vi ringrazio – che, nonostante i tanti impegni pastorali e professionali, fate di tutto per portare avanti le cause che vi vengono affidate; mi permetto, anche in questa circostanza, di sollecitarvi a concludere tutte le cause pendenti ereditate dal TERS (Tribunale Ecclesiastico Regionale Siculo). Per quanto riguarda le nuove cause introdotte e già a Voi affidate, mi sembra opportuno spendere qualche parola sulla «celerità» dei processi, così tanto auspicata dal Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus. Nello studio, nella trattazione e nella definizione delle cause, evitate essenzialmente questi due pericoli: la «fretta», a discapito del sereno e approfondito esame della causa, e la «lentezza» eccessiva, che priva le parti interessate di risposte tempestive e risolutive dei loro problemi. Una giustizia più rapida non deve mai nuocere alla serenità dell’ordine giuridico che deve guidare e portare il Giudice ad acquisire la certezza morale. In ogni caso, non si deve assolutamente contrapporre la dimensione pastorale con la dimensione giuridica. Ovviamente, è fuorviante pensare che, per essere più pastorale, il diritto debba essere meno giuridico. Non si deve peccare di legalismo fino al punto da «chiudere la salvezza delle persone dentro le strettoie del giuridicismo» - così papa Francesco nel Discorso in occasione della inaugurazione dell’Anno giudiziario della Rota Romana, il 3 gennaio 2015. È volontà del Santo Padre che si attui una vera e propria «conversione pastorale» delle strutture ecclesiastiche, anche dei Tribunali. Ben venga, pertanto, una certa elasticità nell’amministrazione del diritto, che lo stesso diritto permette per ragioni pastorali, ma sempre nel rispetto della legge canonica e delle  esigenze della giustizia. Mi sembra di poter dire serenamente che, quando la giustizia nella Chiesa è animata dalla carità, è alimentata dalla misericordia ed è addolcita e mitigata dall’equità, è sempre pastorale. Carità pastorale e giustizia pastorale, dunque, vanno sempre coniugate insieme.
Una parola vorrei rivolgere agli Avvocati e ai Procuratori. È sacrosanto il diritto di difesa delle parti. Sarebbe una grave ingiustizia se fosse negato un tale diritto! Anche per Voi, però, la coscienza morale deve essere l’orientamento costante e normativo della vostra attività giudiziaria a servizio delle persone che a Voi si rivolgono. Il Vostro dovere morale e professionale è anzitutto la ricerca della verità, senza scherzare con la verità e senza mistificarla con forzature. Voi, in genere, siete i primi a sentire il racconto delle parti, la biografia di volti concreti, a incontrare la loro carne ferita,  pertanto, prima di ogni altro, Voi potete consigliare le parti, con chiarezza e onestà, se inoltrare la causa, oppure sconsigliarla per mancanza del cosiddetto fumus boni iuris. E nel cercare le prove, nel determinare il capo di nullità e nel confutare gli argomenti contrari, il vostro unico scopo deve essere l’accertamento della verità dei fatti, e il trionfo della giustizia. Per favore, - noi Pastori ascoltiamo molte pecorelle a Noi affidate – per favore, se vi rendete conto che quella determinata causa, che state esaminando, è infondata, dovete rifiutare di patrocinarla e di portarla avanti ad ogni costo, magari costruendo artificiosamente il processo, ricorrendo anche a mezzi sleali e a volte poco corretti. Paolo VI paragonò il “processo” canonico a un «binario di scorrimento, il cui asse è precisamente la ricerca della verità oggettiva e il cui punto terminale è la retta amministrazione della giustizia» [Discorso alla Rota Romana, 28 gennaio 1978]. Mi sembra un’immagine molto bella ed appropriata per far comprendere che il diritto nella Chiesa non è puro formalismo, ma è finalizzato a realizzare il bene supremo della legge della Chiesa, che è la “salvezza delle anime”. Tutti gli Operatori del Tribunale, sono chiamati – ciascuno secondo la propria specifica competenza - a camminare dentro questo binario del diritto processuale canonico per favorire il bene umano e spirituale delle persone che chiedono giustizia. Benedetto XVI, nel Discorso alla Rota Romana, il 28 gennaio 2006, ebbe a dire che «il processo canonico di nullità del matrimonio costituisce essenzialmente uno strumento per accertare la verità sul vincolo coniugale. Il suo scopo costitutivo non è quindi di complicare inutilmente la vita ai fedeli né tanto meno di esacerbarne la litigiosità, ma solo di rendere un servizio alla verità».
Infine, vorrei dedicare un accenno alla questione della «gratuità» delle procedure nelle cause di nullità matrimoniale, così tanto auspicata da papa Francesco, «salva la giusta e dignitosa retribuzione agli operatori dei tribunali». È un tasto molto delicato e in certi casi dolente, anche perché ci rendiamo conto delle tante difficoltà economiche a mantenere e a rendere sempre più funzionale ed efficiente la struttura dei nostri Tribunali. Il Santo Padre ha detto chiaramente e giustamente che non si devono mescolare gli affari economici con la verifica della validità di un sacramento, «e bisogna essere attenti che le procedure non siano entro la cornice degli affari […]. Quando sono attaccati l’interesse spirituale all’economico, questo non è di Dio […]. Questo punto è importante: staccare le due cose” [Papa Francesco, Saluto ai partecipanti al corso “super rato” promosso dal Tribunale della Rota Romana, 5 novembre 2014].
Sotto questo profilo, già da tempo, i nostri Tribunali, applicando le norme del Codice di Diritto Canonico, hanno messo a disposizione, in modo del tutto gratuito, la figura del Patrono Stabile che offre innanzitutto consulenza e, dove è possibile, il patrocinio totalmente gratis della causa. A questo si aggiunge l’Istituto del gratuito o semi-gratuito patrocinio per quanti versano in situazioni economiche disagiate. Ovviamente, non si può pretendere dagli Avvocati e dai Procuratori, che sono liberi professionisti e quasi tutti con famiglia a carico, di patrocinare gratuitamente le cause; sarebbe una palese ingiustizia e un mancato riconoscimento della loro professionalità. D’altra parte, gli Avvocati a turno venite chiamati a patrocinare gratuitamente le cause delle persone meno abbienti e per questo servizio offrite generosamente la vostra opera professionale, accettando un semplice rimborso per le spese vive. Grazie per questa Vostra disponibilità! Non facciamoci contagiare dall’avidità e dalla sclerocardia imperanti. «Sclerocardia»: questa dizione la usa Gesù nei Vangeli quando gli pongono la questione del divorzio; è per la vostra «sclerocardia»! Quello che in generale mi permetto raccomandare è la moderazione nella richiesta dell’onorario; permettetemi di dire: «voi non siete semplici avvocati», Voi siete «Ministri», servitori; non può prevalere la brama che è tipica dei cuori induriti e bramosi dei nostri tempi. È già una contraddizione in sé la percezione dell’avidità del denaro, soprattutto per chi viene già con una ferita sulla sua carne. A maggior ragione di questi tempi. Dunque, la moderazione nella richiesta dell’onorario che deve mantenersi concretamente e non solo formalmente dentro i limiti previsti dalle tabelle approvate dalla CEI. La richiesta esagerata e immotivata di compenso getta discredito sulla credibilità della Chiesa – e noi oggi abbiamo tanti motivi di discredito della Chiesa cattolica, ce ne sono già abbastanza e non ne possiamo aggiungere altri - infanga il buon nome del Tribunale e alimenta nell’opinione pubblica la «diceria» che, solo chi ha soldi e paga bene un avvocato, ottiene la nullità del matrimonio. Non dovete mai perdere di vista – come Vi esortavo nel nostro primo incontro in occasione dell’inizio dell’attività del T.E.I.S. - che il Vostro lavoro si collega e si svolge dentro un contesto ecclesiale di servizio alle persone che soffrono per la fine del loro matrimonio e per questo si possono trovare in una situazione già di fragilità psicologica.
A conclusione di questo mio intervento, desidero esortare tutti Voi, Ministri e Operatori dei Tribunali Ecclesiastici della nostra Isola, a continuare a collaborare, cordialmente e generosamente, con  la potestà giudiziaria di Noi Vescovi, facendo tesoro di tutte le novità giuridiche e procedurali apportate dal Motu proprio di papa Francesco, specialmente di tutte quelle semplificazioni introdotte nella trattazione delle cause di nullità matrimoniale per rendere tale esercizio più agevole e più pastorale, senza pregiudicare i criteri di verità e di giustizia, ai quali un processo deve necessariamente attenersi.
Personalmente, desidero continuare a seguire con particolare interesse l’opera preziosa e delicata che svolgete nel nostro Tribunale. Non dubito che continuerete il Vostro servizio ecclesiale con coscienza, con senso di alta responsabilità e con dedizione, a difesa della giustizia e per l’applicazione della verità nella carità. La Vostra è una missione importante nella Chiesa perché, con il Vostro impegno qualificato, potrete apportare pace e conforto a tante persone che hanno sofferto per il loro matrimonio fallito. A tutti Voi, carissimi Ministri e Operatori dei Tribunali Ecclesiastici di Sicilia, e in particolare al carissimo Mons. Antonino Legname, rinnovo – anche a nome dei miei Confratelli Vescovi - la mia viva gratitudine e il mio sincero apprezzamento, con l’assicurazione della mia preghiera; affido quest’intenzione all’intercessione di Maria Santissima, Speculum iustitiae, e chiedo al Signore che vi accompagni sempre col suo aiuto. Vi siano di sostegno anche il mio incoraggiamento e la mia stima. Grazie.

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