L'UNITA' AD OGNI COSTO!?
“A volte sembra che si
ripeta oggi quello che è accaduto a Babele”
(Terza parte)
di Antonino Legname
Senza la presenza e l'opera dello
Spirito Santo ci sarebbe una grande Babele anche nella Chiesa cattolica. In
occasione dell'Udienza Generale del 22 maggio 2013, Papa Francesco aveva detto: “A
volte sembra che si ripeta oggi quello che è accaduto a Babele: divisioni,
incapacità di comprendersi, rivalità, invidie, egoismo”. E invitava a mettersi in
questione: “Io che cosa faccio con la mia vita? Faccio unità attorno a me? O
divido, con le chiacchiere, le critiche, le invidie?”[1].
C’è chi ancora oggi si domanda, con un
certo pessimismo: «come siamo arrivati a questa strana babelica confusione?». «Dov'è
la nuova Pentecoste del Concilio Vaticano II, dal quale ci si aspettava
un'abbondante messe e invece si è raccolto un vuoto sconcertante ben visibile
nel progressivo e quasi inarrestabile movimento di scristianizzazione
dell'occidente?». Senza essere catastrofisti o profeti di sventure, la parola
d'ordine in mezzo a tanto smarrimento dovrebbe essere “unità”, mettendo da
parte interessi di parte per evitare che la Chiesa di Cristo, l'unico Popolo di
Dio si divida e si disgreghi in tante piccole-chiese. Perché quando un fiume si
divide in tanti rivoli perde la sua travolgente forza ed energia! Con il sorgere
dei nuovi movimenti nella Chiesa post conciliare, lo Spirito Santo ha fatto
emergere una nuova generazione di cristiani, a cui la Chiesa guarda con grande
speranza. Ovviamente non mancano le preoccupazione quando la comunione viene
messa in crisi dall'eccesso di autoreferenzialità dei diversi gruppi ecclesiali.
C'è Babele e confusione dei linguaggi nella Chiesa, quando gli stessi membri
delle Comunità cristiane non riescono più a comprendersi; quando ci sono
spaccature all'interno della Chiesa, tra schieramenti opposti. Da una parte,
per esempio, le rivendicazioni dei cosiddetti “indignati ultra-progressisti”,
che accusano la Gerarchia ecclesiastica di mantenere la Chiesa arroccata su
posizioni difensive o di retroguardia su alcune tematiche concernenti la
bioetica, la sessualità, il celibato, il sacerdozio alle donne, la comunione ai
divorziati risposati, l’accoglienza degli omosessuali, il coinvolgimento dei
laici nel governo pastorale delle parrocchie, il permesso ai laici di
predicare, un maggior coinvolgimento del laicato nella scelta dei vescovi, una
maggiore democrazia nella Chiesa, la possibilità della comunità di celebrare la
messa senza il prete. In sintesi sono queste le richieste del movimento degli
ultra-progressisti cattolici.
Dall'altra parte ci sono
gli “indignati ultra-tradizionalisti”, i quali non solo si oppongono a tutte le
rivendicazioni dei progressisti, considerate il frutto diabolico del
“modernismo”, ma auspicano e pressano per un ritorno ai tempi gloriosi della
Chiesa e possibilmente al potere temporale del Papa; e in certi casi arrivano a
negare lo stesso Concilio Vaticano II. Il cardinale Prosper Grech, ai Grandi
elettori, riuniti nel conclave del 2013 per eleggere il nuovo Papa, dettando la
sua meditazione, ebbe a dire parole che si sono rivelate profetiche: “Non meno facile per il futuro
pontefice sarà il compito di tenere l’unità nella Chiesa cattolica medesima.
Tra estremisti ultratradizionalisti ed estremisti ultraprogressisti, tra
sacerdoti ribelli all’obbedienza e quelli che non riconoscono i segni dei
tempi, ci sarà sempre il pericolo di scismi minori che non soltanto danneggiano
la Chiesa, ma che vanno contro la volontà di Dio: l’unità a ogni costo. Unità
però, non significa uniformismo. È evidente che ciò non chiude le porte alla
discussione intra-ecclesiale, presente in tutta la storia della Chiesa. Tutti
sono liberi di esprimere i loro pensieri circa il compito della Chiesa, ma che
siano proposte nella linea di quel «depositum fidei» che il pontefice insieme a
tutti i vescovi hanno il compito di custodire”[2].
I nostalgici tradizionalisti
dovrebbero convincersi che la Chiesa va avanti e avanza, anche se lentamente,
sulle strade della storia verso il futuro escatologico. Indietro non si può e
non si deve tornare! Si può essere fedeli alla Tradizione senza per questo
essere tradizionalisti, cioè senza essere attaccati alle vecchie e obsolete
strutture ecclesiastiche.
E i progressisti più
radicali dovrebbero guardare con più fiducia l'immenso e ricco bagaglio di
esperienza di fede che ci viene tramandato dalla bimillenaria storia della
Chiesa, e guardare l'oggi della Chiesa con gli occhi della fede che vede
all'opera lo Spirito Santo anche quando lo crediamo assente dalla vita della
Comunità cristiana. Creando un neologismo, Papa Francesco definisce
“alternativisti”, quanti entrano nella Chiesa con le loro idee e la loro
ideologia, cercando sempre delle alternative al “sentire comune della Chiesa”[3].
Il Pontefice non decide le sue scelte seguendo le tendenze dell'opinione
pubblica; nella Chiesa non si può ragionare in termini di maggioranza e di minoranza,
e non si possono applicare ad essa criteri presi in prestito dalla politica o
dalle democrazie moderne, perché altrimenti bisognerebbe riformulare un altro
Vangelo e cancellare duemila anni di Tradizione ecclesiale.