Ubi Petrus, ibi Ecclesia: "Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa" (Sant'Ambrogio, Explanatio Psalmi XL, 30, 5)

mercoledì 26 aprile 2017

IL POTERE SENZA UMILTA' DA' ALLA TESTA


PAPA FRANCESCO RIVOLGE UN MESSAGGIO
AL TED 2017 DI VANCOUVER

[26 APRILE 2017]

 "Ognuno di noi può essere una candela accesa che ricorda che la luce prevale sulle tenebre, non il contrario"

di Antonino Legname


Con un videomessaggio, Papa Francesco si è rivolto al TED 2017 di Vancouver. Cos'è il TED (Technology Entertainment Design)? E' un marchio di conferenze statunitensi, gestite dall'organizzazione privata no-profit, che è nato nel febbraio 1984 come evento singolo e nel 1990 si è trasformato in una conferenza annuale. Inizialmente l'interesse era focalizzato su tecnologia e design, coerentemente con la sua origine nella Silicon Valley, ma in seguito ha esteso il suo raggio di competenza al mondo scientifico, culturale ed accademico. Ha come obiettivo di diffondere e di sostenere con diverse iniziative le idee che cambiano il mondo.
Papa Francesco coglie l'occasione per intervenire, con un videomessaggio, all'incontro del TED; ha apprezzato anzitutto il titolo dell'evento di quest'anno – “The future you” – e ha spiegato il perché: "mentre guarda al domani, invita già da oggi al dialogo: guardando al futuro, invita a rivolgersi a un <tu>. The future you, il futuro è fatto di te, è fatto cioè di incontri, perché la vita scorre attraverso le relazioni". 



Francesco ha riferito che nel corso della sua vita ha maturato la convinzione che nel mondo siamo tutti interdipendenti e che "l’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro". Il Santo Padre, di fronte alle tante sofferenze di oggi -  ammalati, migranti, carcerati, disoccupati -  si pone la domanda: <Perché loro e non io?> E ricorda: "Anch’io sono nato in una famiglia di migranti: mio papà, i miei nonni, come tanti altri italiani, sono partiti per l’Argentina e hanno conosciuto la sorte di chi resta senza nulla. Anch’io avrei potuto essere tra gli <scartati> di oggi". Il Vescovo di Roma ci ricorda che "abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che nessuno di noi è un’isola, un io autonomo e indipendente dagli altri, che possiamo costruire il futuro solo insieme, senza escludere nessuno"
Il Papa esorta anzitutto a bonificare e a risanarae il proprio territorio interiore e spiega: "quel giudizio duro che porto nel cuore contro mio fratello o mia sorella, quella ferita non curata, quel male non perdonato, quel rancore che mi farà solo male". Si tratta di un "pezzetto di guerra" che ciascuno porta dentro; e aggiunge: "è un focolaio nel cuore, da spegnere perché non divampi in un incendio e non lasci cenere". Francesco invita, inoltre, a guardare il futuro con ottimismo perché un futuro felice è possibile. Sono comprensibili i timori e le preoccupazioni di tanti che guardano l'incertezza del futuro. Ma queste paure - dice il Papa - si possono superare "se non ci chiudiamo in noi stessi".
Non c'è dubbio che il nostro mondo sia interconnesso e che tutte le cose si comprendono in relazione con le altre. Il Papa auspica che al continuo progresso scientifico e tecnologico corrisponda "una sempre maggiore equità e inclusione sociale". A che serve scoprire nuovi pianeti lontani se non si riscoprono i bisogni di coloro che sono a noi vicini e orbitano attorno a noi.
Il Papa chiede di stare attenti affinché "la parola così bella e a volte scomoda" <solidarietà>, non si riduca alla sola assistenza sociale, e alla filantropia, ma possa diventare "atteggiamento di fondo nelle scelte a livello politico, economico, scientifico, nei rapporti tra le persone, tra i popoli e i Paesi". E ancora una volta, il Santo Padre, ci ricorda che per superare la <cultura dello scarto> , è necessaria l'<educazione alla fraternità> che aiuti a ricollocare l'uomo al centro dei "sistemi tecno-economici" di oggi. La solidarietà non si impone ma deve nascere come risposta libera nel cuore di ciascuno. E per far comprendere meglio la creatività libera e concreta dell'amore, il Papa racconta e commenta la parabola del Buon Samaritano: "è la storia dell’umanità di oggi. Sul cammino dei popoli ci sono ferite provocate dal fatto che al centro c’è il denaro, ci sono le cose, non le persone. E c’è l’abitudine spesso di chi si ritiene <per bene>, di non curarsi degli altri, lasciando tanti esseri umani, interi popoli, indietro, a terra per la strada".
Anche in mezzo a tanto male, bisogna imparare a fare il bene e a "farlo insieme" - ha consigliato il Papa - "Ora voi mi direte: <sì, sono belle parole, ma io non sono il Buon Samaritano e nemmeno Madre Teresa di Calcutta>. Invece ciascuno di noi è prezioso; ciascuno di noi è insostituibile agli occhi di Dio. Nella notte dei conflitti che stiamo attraversando, ognuno di noi può essere una candela accesa che ricorda che la luce prevale sulle tenebre, non il contrario". A questo punto Francesco parla di quella speranza che non si confonde con l'ottimismo ingenuo, e che sa vedere oltre il buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa guardare in avanti verso il futuro. 
"La speranza è la porta aperta sull’avvenire. La speranza è un seme di vita umile e nascosto, che però si trasforma col tempo in un grande albero; è come un lievito invisibile, che fa crescere tutta la pasta, che dà sapore a tutta la vita. E può fare tanto, perché basta una sola piccola luce che si alimenta di speranza, e il buio non sarà più completo. Basta un solo uomo perché ci sia speranza, e quell’uomo puoi essere tu. Poi c’è un altro “tu” e un altro “tu”, e allora diventiamo “noi”. E quando c’è il “noi”, comincia la speranza? No. Quella è incominciata con il “tu”. Quando c’è il noi, comincia una rivoluzione". 
E infine, Papa Francesco, parla di un tema a Lui molto caro: la "rivoluzione della tenerezza". E spiega il significato della tenerezza: "È l’amore che si fa vicino e concreto. È un movimento che parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani. La tenerezza è usare gli occhi per vedere l’altro, usare le orecchie per sentire l’altro, per ascoltare il grido dei piccoli, dei poveri, di chi teme il futuro; ascoltare anche il grido silenzioso della nostra casa comune, della terra contaminata e malata. La tenerezza significa usare le mani e il cuore per accarezzare l’altro. Per prendersi cura di lui". Solo guardando un bambino è più facile comprendere il significa di <tenerezza>: "un bambino si affeziona e conosce il papà e la mamma per le carezze, per lo sguardo, per la voce, per la tenerezza". Francesco confida: "A me piace sentire quando il papà o la mamma parlano al loro piccolo bambino, quando anche loro si fanno bambini, parlando come parla lui, il bambino. Questa è la tenerezza: abbassarsi al livello dell’altro. Anche Dio si è abbassato in Gesù per stare al nostro livello. Questa è la strada percorsa dal Buon Samaritano. Questa è la strada percorsa da Gesù, che si è abbassato, che ha attraversato tutta la vita dell’uomo con il linguaggio concreto dell’amore".Si sabliano coloro che pensano che <tenerezza> sia sinonimo di <debolezza>, al contrario "la tenerezza è la strada che hanno percorso gli uomini e le donne più coraggiosi e forti [...] È la strada della solidarietà, la strada dell’umiltà". Il Pontefice dice chiaramente  che colui che nel mondo è più potente deve imparare ad  essere umile, perché altrimenti il potere vissuto con orgoglio logora e rovina se stessi e gli altri. E per far capire il conceto, il Papa porta un esempio "il gin che preso a digiuno: ti fa girare la testa, ti fa ubriacare, ti fa perdere l’equilibrio e ti porta a fare del male a te stesso e agli altri, se non lo metti insieme all’umiltà e alla tenerezza". Solo con l’umiltà e l’amore concreto il potere, anche quello più alto e più forte, si trasforma in servizio e semina il bene.
Papa Francesco conclude il suo videomessaggio dicendo che "il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei politici, dei grandi leader, delle grandi aziende. Sì, la loro responsabilità è enorme. Ma il futuro è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l’altro come un <tu> e se stessi come parte di un <noi>. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. E perciò, per favore, ricordatevi anche di me con tenerezza, perché svolga il compito che mi è stato affidato per il bene degli altri, di tutti, di tutti voi, di tutti noi".

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