PAPA FRANCESCO RIVOLGE UN MESSAGGIO
AL TED 2017 DI VANCOUVER
AL TED 2017 DI VANCOUVER
[26 APRILE 2017]
"Ognuno di noi può essere una candela accesa che ricorda che la luce
prevale sulle tenebre, non il contrario"
di Antonino Legname
Con un videomessaggio, Papa Francesco si è rivolto al TED 2017 di Vancouver. Cos'è il TED (Technology Entertainment Design)? E' un marchio di conferenze statunitensi, gestite dall'organizzazione privata no-profit, che è nato nel febbraio 1984 come evento singolo e nel 1990 si è trasformato in una conferenza annuale. Inizialmente l'interesse era
focalizzato su tecnologia e design, coerentemente con la sua origine
nella Silicon Valley, ma in seguito ha esteso il suo raggio di competenza al mondo scientifico, culturale ed accademico. Ha come
obiettivo di diffondere e di sostenere con diverse iniziative le idee che cambiano il mondo.
Papa Francesco coglie l'occasione per intervenire, con un videomessaggio, all'incontro del TED; ha apprezzato anzitutto il titolo dell'evento di quest'anno – “The future you” – e ha spiegato il perché: "mentre guarda al domani, invita già da oggi al dialogo: guardando al futuro, invita a rivolgersi a un <tu>. The future you,
il futuro è fatto di te, è fatto cioè di incontri, perché la vita
scorre attraverso le relazioni".
Francesco ha riferito che nel corso della sua vita ha maturato la convinzione che nel mondo siamo tutti interdipendenti e che "l’esistenza di ciascuno di noi è
legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di
incontro". Il Santo Padre, di fronte alle tante sofferenze di oggi - ammalati, migranti, carcerati, disoccupati - si pone la domanda: <Perché loro e
non io?> E ricorda: "Anch’io sono nato in una famiglia di migranti: mio papà, i miei
nonni, come tanti altri italiani, sono partiti per l’Argentina e hanno
conosciuto la sorte di chi resta senza nulla. Anch’io avrei potuto
essere tra gli <scartati> di oggi". Il Vescovo di Roma ci ricorda che "abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che nessuno di noi è
un’isola, un io autonomo e indipendente dagli altri, che possiamo
costruire il futuro solo insieme, senza escludere nessuno".
Il Papa esorta anzitutto a bonificare e a risanarae il proprio territorio interiore e spiega: "quel giudizio duro che porto nel cuore
contro mio fratello o mia sorella, quella ferita non curata, quel male
non perdonato, quel rancore che mi farà solo male". Si tratta di un "pezzetto di
guerra" che ciascuno porta dentro; e aggiunge: "è un focolaio nel cuore, da spegnere perché non
divampi in un incendio e non lasci cenere". Francesco invita, inoltre, a guardare il futuro con ottimismo perché un futuro felice è possibile. Sono comprensibili i timori e le preoccupazioni di tanti che guardano l'incertezza del futuro. Ma queste paure - dice il Papa - si possono superare "se non ci chiudiamo in noi stessi".
Non c'è dubbio che il nostro mondo sia interconnesso e che tutte le cose si comprendono in relazione con le altre. Il Papa auspica che al continuo progresso scientifico e tecnologico corrisponda "una sempre maggiore equità e inclusione sociale". A che serve scoprire nuovi pianeti lontani se non si riscoprono i bisogni di coloro che sono a noi vicini e orbitano attorno a noi.
Il Papa chiede di stare attenti affinché "la parola così bella e a volte
scomoda" <solidarietà>, non si riduca alla sola assistenza sociale, e alla filantropia, ma possa diventare
"atteggiamento di fondo nelle scelte a livello politico, economico,
scientifico, nei rapporti tra le persone, tra i popoli e i Paesi". E ancora una volta, il Santo Padre, ci ricorda che per superare la <cultura dello scarto> , è necessaria l'<educazione alla fraternità> che aiuti a ricollocare l'uomo al centro dei "sistemi tecno-economici" di oggi. La solidarietà non si impone ma deve nascere come risposta libera nel cuore di ciascuno. E per far comprendere meglio la creatività libera e concreta dell'amore, il Papa racconta e commenta la parabola del Buon Samaritano: "è la storia dell’umanità di oggi. Sul
cammino dei popoli ci sono ferite provocate dal fatto che al centro c’è
il denaro, ci sono le cose, non le persone. E c’è l’abitudine spesso di
chi si ritiene <per bene>, di non curarsi degli altri, lasciando tanti
esseri umani, interi popoli, indietro, a terra per la strada".
Anche in mezzo a tanto male, bisogna imparare a fare il bene e a "farlo insieme" - ha consigliato il Papa - "Ora voi mi direte: <sì, sono belle parole,
ma io non sono il Buon Samaritano e nemmeno Madre Teresa di Calcutta>.
Invece ciascuno di noi è prezioso; ciascuno di noi è insostituibile agli
occhi di Dio. Nella notte dei conflitti che stiamo attraversando,
ognuno di noi può essere una candela accesa che ricorda che la luce
prevale sulle tenebre, non il contrario". A questo punto Francesco parla di quella speranza che non si confonde con l'ottimismo ingenuo, e che sa vedere oltre il buio, non si ferma al passato, non vivacchia nel presente, ma sa guardare in avanti verso il futuro.
"La speranza è la porta aperta
sull’avvenire. La speranza è un seme di vita umile e nascosto, che però
si trasforma col tempo in un grande albero; è come un lievito
invisibile, che fa crescere tutta la pasta, che dà sapore a tutta la
vita. E può fare tanto, perché basta una sola piccola luce che si
alimenta di speranza, e il buio non sarà più completo. Basta un solo
uomo perché ci sia speranza, e quell’uomo puoi essere tu. Poi c’è un
altro “tu” e un altro “tu”, e allora diventiamo “noi”. E quando c’è il
“noi”, comincia la speranza? No. Quella è incominciata con il “tu”.
Quando c’è il noi, comincia una rivoluzione".
E infine, Papa Francesco, parla di un tema a Lui molto caro: la "rivoluzione della tenerezza". E spiega il significato della tenerezza: "È l’amore che si fa vicino e concreto. È un movimento che
parte dal cuore e arriva agli occhi, alle orecchie, alle mani. La
tenerezza è usare gli occhi per vedere l’altro, usare le orecchie per
sentire l’altro, per ascoltare il grido dei piccoli, dei poveri, di chi
teme il futuro; ascoltare anche il grido silenzioso della nostra casa
comune, della terra contaminata e malata. La tenerezza significa usare
le mani e il cuore per accarezzare l’altro. Per prendersi cura di lui". Solo guardando un bambino è più facile comprendere il significa di <tenerezza>: "un bambino si affeziona e conosce il papà e la mamma per le
carezze, per lo sguardo, per la voce, per la tenerezza". Francesco confida: "A me piace
sentire quando il papà o la mamma parlano al loro piccolo bambino,
quando anche loro si fanno bambini, parlando come parla lui, il bambino.
Questa è la tenerezza: abbassarsi al livello dell’altro. Anche Dio si è
abbassato in Gesù per stare al nostro livello. Questa è la strada
percorsa dal Buon Samaritano. Questa è la strada percorsa da Gesù, che
si è abbassato, che ha attraversato tutta la vita dell’uomo con il
linguaggio concreto dell’amore".Si sabliano coloro che pensano che <tenerezza> sia sinonimo di <debolezza>, al contrario "la tenerezza è la strada che hanno percorso gli uomini e le donne
più coraggiosi e forti [...] È la
strada della solidarietà, la strada dell’umiltà". Il Pontefice dice chiaramente che colui che nel mondo è più potente deve imparare ad essere umile, perché altrimenti il potere vissuto con orgoglio logora e rovina se stessi e gli altri. E per far capire il conceto, il Papa porta un esempio "il gin che preso a digiuno: ti fa girare la
testa, ti fa ubriacare, ti fa perdere l’equilibrio e ti porta a fare del
male a te stesso e agli altri, se non lo metti insieme all’umiltà e
alla tenerezza". Solo con l’umiltà e l’amore concreto il potere, anche quello più alto e più forte, si trasforma in servizio e semina il bene.
Papa Francesco conclude il suo videomessaggio dicendo che "il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei politici, dei grandi
leader, delle grandi aziende. Sì, la loro responsabilità è enorme. Ma
il futuro è soprattutto nelle mani delle persone che riconoscono l’altro
come un <tu> e se stessi come parte di un <noi>. Abbiamo bisogno gli uni degli altri. E perciò, per favore,
ricordatevi anche di me con tenerezza, perché svolga il compito che mi è
stato affidato per il bene degli altri, di tutti, di tutti voi, di
tutti noi".